dal nostro inviato Alberto Magnani
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Alla fine, l’accordo sul clima del G20 è stato messo sotto chiave. Al costo, però, di sacrificare due punti di peso: il contenimento dell’aumento di temperatura entro 1,5 gradi al 2030 e l’eliminazione del carbone dalla produzione energetica entro il 2025. È l’esito delle ore di trattative che si sono consumate nella seconda giornata dal G20 Ambiente, Clima ed Energia di Napoli, dopo una maratona che aveva fatto temere un naufragio dell’intera trattativa.
Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, si è comunque detto soddisfatto di un accordo «storico». È stata una negoziazione «particolarmente complessa - ha detto - durata due notti e due giorni, con i team che lavorano sulle linee guida. Questa notte non c’era molto ottimismo poi invece siamo riusciti a trovare un accordo sul comunicato: proposto 60 articoli, ne sono stati condivisi 58».
La principale opposizione era arrivata da Cina e soprattutto India, gli unici Paesi a contestare i due punti rimasti in sospeso nell’accordo siglato ieri. Ora la questione passa al G20 dei capi di Stato perché è «più politica che tecnica» ha ribadito Cingolani. C’è «uno sforzo (ambientale, ndr) in atto soprattutto dei Paesi europei - ha rimarcato Cingolani - e dei nuovi Stati Uniti con la presidenza Biden. Insieme faremo uno sforzo superiore per arrivare intorno a 1,5 gradi. Questo mezzo grado in prospettiva può cambiare l’impatto del clima nella seconda metà del secolo e avrà un impatto enorme sullo scioglimento dei ghiacciai e su altri disastri ambientali dovuti al clima». D’altro canto però, ha ammesso apertamente, «altri Paesi del G20 sono un po’ restii» rispetto all’urgenza.
L’ok al Comunicato sul Clima arriva il giorno dopo il via libera a quello sull’Ambiente, strappato sempre in extremis dai negoziatori. L’accordo di giovedì ha richiesto parecchie limature ma ha trovato una - relativa - convergenza su tutta la linea.
Quello sul Clima ha vissuto un iter anche più travagliato, con mediazioni trascinate anche dopo l’annuncio finale dell’intesa. L’inviato Usa sul clima John Kerry e Cingolani hanno lavorato insieme in giornata alla bozza del negoziato che poi è finita sul tavolo dei ministri nel pomeriggio di ieri. Il testo ha cercato di mediare fra i vari ministri presenti al summit di Napoli, per assicurarsi la sigla del Comunicato (quasi) corale delle 20 economie più ricche del pianeta.
A metà giornata i Paesi restavano spaccati su almeno due o tre snodi, confermando il clima di tensione nella giornata dedicata al binomio energia e clima. Lo stesso Cingolani ha dovuto incontrare personalmente le delegazioni per trattare i vari passaggi dell’accordo, costruendo un asse strategico con lo stesso Kerry nel ruolo di mediatori. Il pressing ha dato i suoi frutti, anche se il communiqué ha dovuto rinunciare a due pilastri ambiti in origine. Per ora.
Alberto Magnani
Redattore
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