di Giovanni Gasparini
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L'asta serale proposta da Christie's a Londra nel pomeriggio del 15 ottobre, anticipata a beneficio della trasmissione televisiva per i clienti americani e asiatici, ha riportato un ricavo di 64,5 milioni di sterline grazie a 36 lotti venduti su 40 proposti (dopo il ritiro di un lavoro di Rudolf Stingel), pari al 90% di venduto per numero e 92% per valore.
Il risultato è stato raggiunto grazie alla protezione di garanzie sui lotti principali, grazie alle quali, a nostro parere, almeno quattro lavori milionari non sono andati invenduti.
Nonostante l'assenza di lotti oltre la soglia dei 10 milioni di sterline, tre hanno superato i 5 milioni, fra cui spicca il nuovo record per una grande tela ‘Audition' di Hurvin Anderson del 1998 di oltre 2,5 metri, raffigurante un'affollata piscina, lungamente contesa fino a 7,4 milioni di £ (pari a 5 volte la stima alta), per finire ad un collezionista americano al telefono. Il lotto non era protetto da garanzie, a differenza del paesaggio recente del maestro delle piscine Pop, David Hockney, una tela di quasi 2 metri del 2000 dai colori decisi ‘Green House Garden', salvata dal garante alla stima bassa di 5 milioni (5,8 con le commissioni). È finito al garante anche un lavoro di Banksy del 2005 in due parti, con la stessa immagine ‘distrutta' da Sotheby's che poche ore prima il 14 ottobre ha portato al nuovo record per l'artista. Questa volta il martello si ferma a 3 milioni di £ con le commissioni, un risultato sempre notevole per un lavoro in edizione di 25 copie!!!
Non decolla nemmeno «Because it Hurts the Lungs» di Basquiat del 1986, finito in mani americane dopo un breve rilancio sotto la stima a 8,2 milioni di £ con le commissioni. La enorme tela a fondo prevalentemente nero «How you like it daddy...» dell'afroamericano Mark Bradford si è salvata a 2,8 milioni grazie alla garanzia, mentre una grande tela del 1991 di Peter Doig non ha trovato compratori da una stima di 3,5-4,5 milioni di £, a conferma del ruolo essenziale delle garanzie per difendere la parte alta del mercato. Fra la pittura classica non vende un raro lavoro di Wols del dopoguerra (stima 1,2-1,8 milioni), mentre i Nahmad portano a casa «Hurleuse (Howler)» di Dubuffet del 1950 entro l’identica stima massima a 1.702.500 £.
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Tutti e nove i lavori di ambito italiano del dopoguerra trovano compratori, per un totale di 12,2 milioni di £: un quarto dei lotti aggiudicati ma meno del 20% del valore complessivo, nonostante 5 aggiudicazioni milionarie. Un «Concetto Spaziale» di Fontana bianco con 10 tagli supera la stima bassa garantita per fermarsi a 3,7 milioni (stima 3-5 milioni di £), così come una ‘Mappa' di Boetti del 1988-89 passa di mano a 2,3 milioni di £, ben oltre la garanzia, mentre finisce al garante una tela degli anni ‘60 di Kounellis per 1,2 milioni di £. La composizione iperrealista di Gnoli del 1967 raffigurante una suola di scarpa è rapidamente contesa fino a 2,2 milioni di £, mentre un fresco ‘Achrome' di Manzoni di taglia media passa di mano a 1,3 milioni di £.
In generale si tratta di solidi prezzi per i nomi più noti dell'arte italiana del periodo, ma il valore complessivo è una frazione rispetto al risultati raggiunti nei 20 anni in cui a questo settore era dedicato un catalogo specifico nelle aste di ottobre a Londra.
Un contributo importante ai risultati è stato dato dalle donne artiste più in voga, a partire dalle ottuagenarie Bridget Riley con un lavoro geometrico degli anni ‘70 «Halcyon 2» aggiudicato oltre la stima a 2,6 milioni, e Yayoi Kusama con due composizioni ‘Inifinity-Nets' del XXI secolo aggiudicate ciascuna a 1,7 milioni di £, sempre oltre le stime. La tela recentissima di Cecily Brown «There'll be bluebirds» offerta per fini caritatevoli di difesa dell'ambiente è stata lungamente contesa fino a 3,5 milioni, 5 volte la stima alta, mentre le più recenti artiste ora di moda come Julie Curtiss, Emily Mae Smith, Shara Hughes e Hilary Pecis, nate fra il 1979 e il 1982, realizzano prezzi oltre le stime alte per centinaia di migliaia di sterline, nonostante o forse grazie al carattere derivativo dei loro lavori, secondo uno schema speculativo che si ripete oramai in tutte le case d'asta.
Garanzie a pioggia e rilanci fuori misura su lotti freschi di pennello e di artisti giovanissimi sono tutti sintomi di un mercato speculativo sempre più simile allo scambio di prodotti finanziari che a quello di opere d'arte. La massima espressione di ciò la si trova nell'unico cosiddetto NFT proposto in asta, un prodotto digitale costituito dalla (francamente imbarazzante) immagine di tre scimmie di Yuga Labs che è passato di mano dopo un solo rilancio alla stima bassa di 800mila £ a un giovane in sala che parrebbe avere un fondo di investimento in questo prodotto. Un mercato che, per usare una espressione di una volta, ‘se la canta e se la suona'. La casa d'aste dovrebbe chiedersi se vale la pena supportare con la propria credibilità tale mercato per 182mila £ di commissioni intascate...
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