di Giovanna Mancini
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Da qualche anno a questa parte se ne sente parlare anche troppo: il concetto di «sostenibilità» è entrato in qualunque ambito della nostra esistenza e anche per il mondo dell’industria sembra un termine imprescindibile da applicare a qualunque azione oppure obiettivo aziendale. A volte in modo anche improprio, quasi più come etichetta di immagine che come specchio di sostanza.
«C’è stata una significativa accelerazione delle aziende in questa direzione, anche se nella maggior parte dei casi con uno sbilanciamento verso i temi ambientali, mentre la sostenibilità è un concetto più ampio, che comprende i fattori riassunti nell’acronimo inglese ESG: Environmental, Social, Governance» (ambientale, sociale, organizzativo) spiega Andrea Barchiesi, ceo di Reputation Science, società specializzata nell’analisi e gestione della reputazione, che ha elaborato l’indice «ESG Perception Index» per misurare la percezione di sostenibilità delle aziende sul web, analizzando 1,2 milioni di contenuti relativi a 200 tra le maggiori imprese presenti sul mercato italiano, raccolti nel periodo tra gennaio e giugno 2021.
Il paradosso, spiega Barchiesi è che molte aziende di diversi settori produttivi hanno iniziato a investire per realizzare bilanci o indici di sostenibilità, in un profluvio di azioni talora persino eccessive e risultati non sempre all’altezza degli investimenti. «Di tutto quello che le aziende fanno, in molti casi sul mercato arriva ben poco», ammette Barchiesi. Ovviamente, essendo il campione molto ampio e differenziato, anche i risultati sono differenti: i settori percepiti come più attivi sul fronte della sostenibilità sono quelli dell’energia, dell’automotive e della finanza, che occupano l’85% delle prime 20 posizioni. Molto più indietro è il mondo della moda, forse perché tra gli elementi discriminanti per i consumatori finali prevalgono ancora fattori estetici. A guidare la classifica troviamo Enel, seguita da Eni e Cassa depositi e prestiti. la prima azienda dell’automotive, Stellantis, compare al quarto posto, mentre Intesa Sanpaolo è la prima banca che compare, in nona posizione. E poi Pirelli (11esimo posto) o Trenitalia (16esimo), Poste italiane (19esimo).
«Il messaggio è che non basta mettere in campo azioni più o meno efficaci sulla sostenibilità – osserva Barchiesi –. Occorre saperle raccontare, altrimenti tutto quello che viene fatto avrà un effetto neutro sul mercato». Vale però anche il consiglio contrario: avere un indice di percezione elevato, a cui però non corrisponde di fatto un reale impegno in ambito ESG, è rischioso, mette in guardia Barchiesi: «Le aziende devono porre attenzione a mettere in campo azioni che realmente interessino gli stakeholders, ma al tempo stesso non devono correre troppo nel comunicare un’immagine che magari non corrisponde alla realtà».
Giovanna Mancini
Redattore ordinario
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