di Francesco Prisco
Sydney Sprague, artista di punta del roster di Rude Records
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C’è un’Italia più nota all’estero che in Italia. Anche quando parliamo di music business: vedi alla voce Ilich Rausa, finito nella Billboard Power Players List, la lista dei personaggi dell’economia della musica da tenere d’occhio a livello internazionale. La sua è una bella storia imprenditoriale: poco più di vent’anni fa in quel di Assago ha fondato Rude Records, etichetta indipendente di solo repertorio internazionale. Nel roster band pop punk come i canadesi Sum 41, la songwriter indie rock americana Sydney Sprague o i Blood Youth, alfieri del nu metal inglese.
Una storia che, ultimamente, frequenta sempre di più la finanza: Rude Records lancia infatti sulla piattaforma britannica Seeders il suo secondo round di equity crowdfunding, con l’obiettivo di raccogliere un milione da qui al 7 aprile prossimo. Il precedente risale al 2019, quando la label sempre su Seeders andò letteralmente in overbooking: si puntava a raccogliere circa 100mila euro, si arrivò a un aumento da 225mila euro. «Ci abbiamo preso gusto», sottolinea Ilich Rausa, «ed eccoci di nuovo qua, con un progetto ancora più ambizioso, seconda tappa di un cammino che nel 2024 ci porterà a un terzo round di equity crowdfunding e nel 2026 all’Ipo che puntiamo a realizzare su una piazza tra New York, Londra o Amsterdam».
Il momento è favorevole: lo streaming va a gonfie vele e la finanza - con le quotazioni record di Spotify, Warner Music e Universal Music ma anche con le acquisizioni dei grandi songbook come quelli di Bob Dylan e Bruce Springsteen - dimostra di averlo capito bene. Rude, forte di un accordo di distribuzione con The Orchard, gruppo Sony Music, è una realtà piccola ma in crescita con 80 artisti sotto contratto, 250 release, 250 milioni di stream annui e 6 milioni di ascoltatori al mese. Il valore pre campagna della casa discografica è di 4,26 milioni, quello stimato per la fine del 2025, vigilia della quotazione, è di 22,7 milioni.
Il team di Rude Records
«Investiremo le risorse raccolte per scritturare nuovi artisti, potenziare le attività di marketing e acquisire repertori», spiega il presidente di Rude che intanto è diventata la prima etichetta discografica a prendere la certificazione B Corp internazionale e ha aperto sedi a New York, Londra e Singapore. Mettere sotto contratto artisti italiani? «Non lo escludiamo», risponde Rausa. «Il senso di quello che facciamo è cercare musica che funzioni sul mercato globale. Chissà che, dopo i Måneskin, non se ne trovi anche qui da noi».
Francesco Prisco
Redattore
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