di J.G.
L'impianto eolico di Belenergia a Bellavello (in provincia di Potenza)
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Si può ricavare energia dal vento e dal sole ma perfino dal valpolicella e dal soave in Veneto oppure dal primitivo e dal negroamaro in Puglia: dagli scarti delle lavorazioni agricole, come le vinacce e le fecce, si può ottenere metano o corrente elettrica.
Per questo motivo la Belenergia lascia il Lussemburgo e si trasferisce in Italia, dove ci sono non solamente il sole per l’eolico ma anche i vinaccioli e tutte le altre materie prime utili per ottenere energia rinnovabile, quella che non fa ricorso alle fonti fossili estratte da giacimenti e miniere.
La società era un tipico fondo di investimento specializzato nell’energia verde, come ce ne sono altri; e ancora oggi è un investitore mirato alle fonti rinnovabili, con una dimensione fra i 300-400 milioni di investimento ogni paio d’anni. Ma un poco alla volta ha spostato il suo asse economico e, di conseguenza, quello territoriale. Fatti gli investimenti, ha cominciato a gestirne i risultati, e cioè ha cominciato a produrre. A fare industria.
«il Lussemburgo è più sicuro dal punto di vista giuridico, ha una normativa societaria costante e consolidata, senza sorprese. È una sede ideale per chi si concentra nella finanza e per i fondi d’investimento», avverte Jacques-Edouard Lévy, francese, amministratore delegato. «Ma ormai Belenergia è sempre più un gruppo industriale, e per fare industria bisogna andare vicino al mercato. E per il mondo delle rinnovabili il mercato è qui, in Italia».
La sede legale e finanziaria si sposta a Milano per avvicinarsi al baricentro dell’attività, con investimenti e impianti fra Italia, Grecia, Spagna e Francia. Attualmente la società ha in attività impianti per 102 megawatt, di cui 60 eolici, 26 fotovoltaici e 16 megawatt con biomasse.
«Vogliamo avere il controllo diretto dei fattori di produzione», aggiunge Lévy.
L’Italia è cresciuta molto velocemente nel perimetro della Belenergia, che ha in corsa progetti nel solare e nell’eolico — fu la Belenergia ad avviare 16 anni fa e poi a completare l’iter autorizzativo di quel progetto Beleolico a Taranto poi ceduto a Renexia, il cui impianto è stato inaugurato la scorsa settimana — ma la nuova frontiera è ricavare energia dalle biomasse, produrre biometano, utilizzare la frazione umida dei rifiuti urbani. Estrarre energia perfino dalle sanse degli oleifici.
Tra i progetti, un grande impianto eolico a Oppido Lucano (Potenza); un impianto per biometano in completamento a Candela (Foggia); la Lombardia e il Veneto sono interessanti per gli allevamenti dal cui letame ricavare biometano. «Per esempio a Mottola vicino a Taranto stiamo sviluppando un progetto con una distilleria che, dai residui della spremitura delle uve estrae alcol dai graspi, olio dai vinaccioli ed energia per cogenerazione», conclude Lévy.
Jacopo Giliberto
giornalista
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