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2 giugno 1946, primo giorno della Repubblica. Le 21 madri della Costituzione

di Emilio Gentile

Italia condannata per pregiudizi sulle donne

Le loro figure sono avvolte dall’oblio. Eppure senza le loro battaglie diversi articoli della Carta, inclusi i principi generali, sarebbero stati diversi

1 giugno 2021
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4' di lettura

Angela Guidi Cingolani: quanti sanno che è stata la prima donna in Italia a parlare, il 1° ottobre 1945, nella prima assemblea democratica dell’Italia libera, dove erano presenti tredici donne, designate dai partiti e dai sindacati? Dopo la lettura del libro di Eliana Di Caro, chi scrive ha chiesto a diverse persone, donne e uomini di media cultura, fra i settanta e i venti anni: conoscete Angela Cingolani? La risposta è stata negativa.

Alle stesse persone sono stati letti i nomi delle ventuno donne elette il 2 giugno 1946 all’Assemblea Costituente. Il risultato è stato meno negativo: infatti, tutte le persone interrogate ricordavano (o comunque ne avevano sentito parlare) Nilde Iotti, «la presidentessa della Camera e la moglie di Togliatti»; alcune conoscevano (idem) Rita Montagnana, «la moglie che Togliatti aveva lasciato per la Iotti, di quasi trent’anni più giovane di lui!»; Teresa Noce era nota a chi aveva studiato la storia del partito comunista; infine, a tutti era familiare Lina Merlin per via della legge che chiuse le case di tolleranza. Sulle altre donne della Costituente, la risposta è stata un silenzio interrogativo.

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L'improvvisato campioncino di sondaggio conferma quanto l’autrice afferma nella nota introduttiva: un «oblio generalizzato» avvolge le ventuno italiane elette il 2 giugno 1946, insieme a 535 italiani, all’Assemblea Costituente. (...)

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Alba de Céspedes, all’indomani del voto, disse che la nascita della Repubblica era stata «discreta e sommessa». Anche la concessione del diritto di voto alle donne, il 1° febbraio 1945, fu “discreta e sommessa”, tanto che il governo dei partiti antifascisti che la decise, dimenticò di riconoscere alle donne il diritto di essere elette a rappresentare nella nuova Italia democratica il popolo sovrano. Tale diritto fu esplicitamente dichiarato il 10 marzo 1946, col decreto luogotenenziale che stabiliva le procedure per l’elezione dell’Assemblea Costituente: l’articolo 7 affermava che erano eleggibili all’Assemblea Costituente «i cittadini e cittadine italiani, che al giorno delle elezioni abbiano compiuto il 25° anno di età». Il nuovo decreto fu varato dopo che le donne politicamente impegnate, militanti nei vari partiti, avevano fatto sentire la loro voce per colmare una grave lacuna prima del referendum istituzionale e l’elezione dell’Assemblea Costituente.

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Piero Calamandrei definì la nascita della Repubblica in Italia «un miracolo della ragione»: «Mai nella storia è avvenuto, né mai ancora avverrà, che una Repubblica sia stata proclamata per libera scelta di popolo, mentre era ancora sul trono il re». Ma la Repubblica non era una novità nella storia millenaria della penisola: altre ce n’erano state, dall’antica Roma fino all’effimera repubblica romana del 1849. Invece non c’era mai stato prima il diritto delle donne ad essere libere cittadine appartenenti, come gli uomini, a un popolo sovrano.

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Furono le donne a compiere un altro “miracolo della ragione” nelle prime elezioni libere dopo un quarto di secolo, le elezioni amministrative che si tennero in una prima tornata a marzo e aprile del 1946. Esse infatti smentirono clamorosamente un pregiudizio comune allora a tutti i partiti, cioè la convinzione che il voto alle donne avrebbe esteso l’astensionismo, rispetto alle ultime elezioni libere del 1921 (59 per cento) perché, mormorava il pregiudizio, le donne, che mai avevano votato, non avrebbero compreso l’importanza del voto e avrebbero disertato le urne. Questo timore era condiviso persino dalle donne politicamente impegnate nei partiti democratici, tanto da indurle a proporre l’obbligatorietà del voto per ridurre il rischio di un astensionismo femminile.

Invece, nella primavera del 1946 le donne compirono il miracolo, annientando il pregiudizio: infatti, l’affluenza alle urne superò l’82 per cento, ma su 19.802.581 votanti, le donne furono un milione e duecentomila in più degli uomini. E furono oltre duemila le donne elette nelle amministrazioni riguardanti 5.792 comuni e 117 capoluoghi. Nelle elezioni del 2 giugno, non solo fu superata la percentuale dell’affluenza alle urne, quasi il 90 per cento, ma nelle regioni meridionali le votanti furono più numerose dei votanti. Le 21 elette alla Costituente nel 1946 erano un’avanguardia esigua, il 3,7 per cento. Ma la loro presenza, come espressione della componente femminile del popolo sovrano, era una novità assoluta, in quell’anno di novità e di svolta epocale.

Donne differenti per generazione, regione, estrazione sociale, formazione, professione, ideologia, le 21 Costituenti collaborarono attivamente per rendere più democratica la costituzione della nuova Italia, conquistando alle donne la piena cittadinanza, senza più alcuna discriminazione. E spesso dovettero far fronte ai pregiudizi contro la donna, persistenti nei loro stessi colleghi di partito. «Senza le loro battaglie, diversi articoli della Costituzione, compresi i principi fondamentali, non sarebbero gli stessi», afferma Eliana Di Caro. E non è un’affermazione enfatica, come dimostra il suo libro, che ha il pregio di aver nuovamente infranto l’oblio nel quale le 21 donne della Costituente sono state lasciate per gran parte dei settantacinque anni della Repubblica.

Eliana Di Caro ha restituito alle ventuno elette il posto di rilievo che esse hanno avuto nella fondazione della democrazia italiana. E lo ha fatto con una ricostruzione appassionata, ma storicamente concreta ed essenziale, dando a ciascuna la propria individualità: innanzi tutto come persona, quindi come militante politica, e infine come parlamentare della Repubblica.

Il libro racconta esperienze di sacrificio, eroismo, dedizione, sofferenza, prigionia, accomunate dalla volontà di non cedere, di non arrendersi, di combattere. E sono pagine dalle quali emerge, alla fine, sia pure con tratti propriamente femminili, l’immagine di una umanità esemplare, incarnata in persone reali. Il libro non è una raccolta idealizzante di vite parallele: racconta le vite vissute e convergenti di 21 donne che volevano realizzare, con la parità fra cittadine e cittadini, la libertà e la dignità di ogni essere umano.

Questo testo è un estratto della prefazione che Emilio Gentile ha scritto per Le Madri della Costituzione di Eliana Di Caro, pagg. 224, in edicola dal 1° giugno con Il Sole 24 Ore a € 12,90 (dal 10 giugno in libreria a € 14,90)

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