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Biden a Putin: sì al dialogo ma risposta dura se la Russia invade l’Ucraina

di Antonella Scott

Usa-Russia, questa sera colloquio Biden-Putin

I due presidenti si sono sentiti al telefono per la seconda volta in meno di un mese, in vista dei negoziati del 10 e 12 gennaio

30 dicembre 2021
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4' di lettura

Con una telefonata di 50 minuti richiesta dal Cremlino, nella notte del 30 dicembre, Vladimir Putin e Joe Biden sono tornati a confrontarsi sulla crisi ucraina. Ribadendo l’uno all’altro i consueti avvertimenti: il presidente americano ha messo l’accento sulla necessità di una de-escalation e sui «costi e le conseguenze» di un intervento che dovesse violare nuovamente il Donbass ucraino. Sono le mosse aggressive di Mosca che ha mobilitato uomini e truppe ai confini, ha ricordato Biden, a provocare un rafforzamento della presenza militare della Nato in Europa orientale. Il presidente russo, da parte sua, ha chiarito che le sanzioni minacciate dagli Stati Uniti infliggerebbero «un danno pesantissimo» alle relazioni bilaterali, fino a distruggerle.

Ma questo, per Putin e Biden, è stato il secondo scambio in meno di un mese, in preparazione dei colloqui bilaterali Mosca-Washington e tra Mosca e la Nato in programma nei primi giorni di gennaio. Negoziati strategici su cui entrambe le parti contano per trovare una soluzione reale alla crisi riaccesa nel Donbass ma anche, con questa, all’intero quadro di tensioni. Al termine della telefonata, sia il Cremlino che la Casa Bianca hanno manifestato un cauto ottimismo. «Non è stato uno scambio di convenevoli - ha riferito ai giornalisti un funzionario dell’amministrazione Biden - ma una conversazione seria, di sostanza».

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Il presidente russo, secondo il suo consigliere per gli Affari esteri Jurij Ushakov, si è detto «soddisfatto»: il colloquio avrebbe creato «uno sfondo positivo» per i prossimi negoziati. Soprattutto, secondo Ushakov, Putin avrebbe ottenuto da Biden la rassicurazione che gli Stati Uniti non hanno intenzione di schierare missili in Ucraina. «Il presidente Biden - ha spiegato il funzionario della Casa Bianca - ha indicato le due possibili direzioni dell’approccio americano, che dipendono dalle prossime azioni della Russia». La prima strada è quella della diplomazia, l’altra è quella della deterrenza, «che implica pesanti costi e conseguenze se la Russia dovesse decidere un’ulteriore invasione dell’Ucraina». Costi economici - chiariscono gli americani - e il rafforzamento della presenza Nato nei Paesi alleati, così come un aumento dell’assistenza militare all’Ucraina per permetterle di difendere il proprio territorio.

Biden ha anche sottolineato l’unità del fronte occidentale, chiarendo a Putin che non farà nulla che riguardi l’Europa sulla testa dei Paesi europei: un principio che il presidente russo avrebbe accettato. Tornando però a chiedere garanzie legali che escludano l’ulteriore espansione della Nato a Est, e l’installazione di sistemi di armamenti offensivi nell’immediata prossimità dei confini russi. «Il nostro presidente - ha detto ancora Ushakov - ha anche ricordato che nuove sanzioni verrebbero viste dai nostri discendenti come un errore colossale». A garanzia dei passi compiuti finora dai due uomini, il Cremlino spiega che «i due presidenti hanno deciso di mantenere la discussione sotto il loro personale controllo, mantenendosi regolarmente in contatto».

Una nuova cornice per l’Europa

Putin sembra aspettarsi molto dal ritrovato legame con Biden. In seguito al primo colloquio del 7 dicembre scorso, il Cremlino aveva avanzato agli Stati Uniti e alla Nato una serie di richieste che gli alleati hanno già definito in gran parte inaccettabili. In sostanza, Mosca chiede che la Nato torni sui propri passi nei territori un tempo parte dell’Unione Sovietica e del Patto di Varsavia, abbandonando ogni attività militare intrapresa in Ucraina, Europa orientale, Caucaso e Asia centrale.

Ristabilite le distanze con impegni scritti, calmati i timori di accerchiamento espressi a gran voce da Putin a giustificazione dell’assembramento di uomini e armi al confine con l’Ucraina, i russi propongono di creare una nuova cornice in cui rifondare la sicurezza dell’Europa sulla base di impegni reciproci, disarmo, meccanismi di soluzione pacifica delle dispute tra due fronti che in teoria non sarebbero più avversari.

Sembrerebbe quasi la parte più facile, quest’ultima. Se si riuscisse a realizzarla, la stessa questione ucraina si risolverebbe da sé (anche se la Crimea resterebbe un rebus complicatissimo da risolvere).

Le linee rosse di Putin

Il problema è che per arrivare a una sistemazione simile, l’Occidente dovrebbe accettare compatto premesse che né gli Stati Uniti né i Paesi europei - a partire dalle repubbliche baltiche o dalla Polonia - accetteranno mai in questa epoca. Da qui l’arduo compito di Biden, interlocutore chiaramente preferito agli europei da Putin, che vorrebbe ricreare con gli Stati Uniti l’antico legame tra superpotenze. Un rapporto amichevole o ostile? Dipenderà dalla risposta che Putin sta aspettando con impazienza.

Il gioco è pericolosissimo: le richieste consegnate da Putin a Stati Uniti e Nato hanno alzato bruscamente la posta, vanno al di là del circolo vizioso Crimea-sanzioni-Donbass di questi ultimi anni. «Sono convinto - aveva detto Putin prima di parlare con Biden nel suo messaggio di auguri di fine anno ai leader mondiali - che possiamo fare passi avanti e costruire un vero dialogo russo-americano basato sul rispetto reciproco e sulla considerazione degli interessi gli uni degli altri».

Parole che potrebbero trasformarsi rapidamente in gelo se il Cremlino si vedesse respinto, si sentisse tradito così come ritiene che la Nato abbia fatto negli anni successivi alla fine dell’Urss, allargandosi a Est e poi allungando le proprie mire sull’Ucraina.

Tra diplomazia e sanzioni

Ora tutto è nelle mani dei negoziati di cui Putin e Biden hanno discusso giovedì sera sera: il confronto bilaterale Stati Uniti-Russia in programma a Ginevra il prossimo 10 gennaio, l’incontro del 12 a Bruxelles tra Russia e Paesi Nato e poi ancora il 13, di nuovo a Vienna, in un formato ancora più ampio, con i Paesi dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, di cui fanno parte anche l’Ucraina e altre repubbliche un tempo parte dell’Unione Sovietica.

«Ogni negoziato - diceva giovedì il portavoce Peskov - viene condotto con un unico obiettivo: raggiungere un compromesso che tenga conto delle posizioni di principio reciproche». Se Russia e Occidente non fossero così distanti, si potrebbe fantasticare su una svolta epocale.

Molti però temono che Putin miri così in alto proprio per farsi chiudere la porta in faccia, e avere il pretesto per un colpo di mano in Ucraina. Ci sono ancora tutte le premesse per piombare nel baratro.

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