di Sara Magro
Borgo Egnazia
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Aldo Melpignano è una figura chiave del turismo italiano: proprietario e Managing Director di Borgo Egnazia, in Puglia, e del Gruppo San Domenico Hotels, è anche vicepresidente con delega per l’area ospitalità di Altagamma, la fondazione che promuove l'industria italiana del lusso. Dopo aver studiato negli Stati Uniti e lavorato con Ian Schrager, uno degli innovatori del mondo alberghiero contemporaneo, nel 2007 è tornato a casa per dedicarsi al nuovo resort di famiglia, Borgo Egnazia, che, grazie a un concetto di ospitalità e benessere basato su esperienze locali e autentiche, ha contribuito a mettere il piccolo borgo di Savelletri di Fasano e la Puglia sulla mappa del turismo di lusso internazionale. Primo membro pugliese di Leading hotels of the World, nel 2016 è stato premiato dal prestigioso network di agenzie Virtuoso come “Best Hotel of the Year”.
Aldo Melpignano
Durante la pandemia, Melpignano ha avuto il tempo per concentrarsi su un’intuizione avuta qualche anno prima, e ha fondato un gruppo di management 100% italiano. Il progetto nasce per tutelare la nostra arte dell’ospitalità in un momento in cui le compagnie internazionali sono in ulteriore espansione, mettendo in difficoltà le piccole strutture indipendenti. Lo abbiamo intervistato in anteprima sul nuovo progetto, già operativo anche se il nome è tuttora in via di definizione.
Melpignano, come nasce l’idea una compagnia italiana di management?
«Abbiamo alberghi favolosi gestiti da famiglie straordinarie, ma è sempre più difficile competere con le compagnie internazionali in espansione nel nostro Paese, non solo nelle mete classiche, ma anche in quelle minori. La competizione è importante, ma il rischio è che i grandi gruppi fagocitino le piccole strutture indipendenti compromettendo l’unicità della nostra ospitalità».
Quali sono i vostri strumenti?
«L’obiettivo è mettere a disposizione delle nostre strutture un modello di gestione operativa capace di rendere più competitivo il patrimonio alberghiero nazionale, quindi di tutelarlo. Per questo abbiamo sviluppato una piattaforma innovativa che fornisce servizi condivisi di amministrazione, revenue, human resources».
L’hotel De Len a Cortina d’Ampezzo (foto Alessandro Amodio)
Che tipo di portfolio intendete creare?
«Oltre agli hotel della mia famiglia (Borgo Egnazia, Masseria San Domenico, Masseria Carrube, Masseria Cimino e San Domenico House, ndr), gestiamo il Santavenere a Maratea, il De Len a Cortina d’Ampezzo e una nuova proprietà a Pratica di Mare, vicino all’aeroporto di Fiumicino. Il nostro obiettivo è arrivare a 15 alberghi, più alcune strutture indipendenti affiliate, selezionate per la capacità di tramettere l’autenticità di un territorio, trasformandola in esperienza».
Che tipo di mete scegliete per i vostri alberghi?
«In generale puntiamo su mare e montagna e su nuove destinazioni da rilanciare a livello internazionale seguendo il modello di Borgo Egnazia. Maratea e Cortina sono appunto due esempi: entrambe bellissime e famose in Italia sono quasi sconosciute all’estero, ma per esprimere le loro potenzialità devono migliorare dell’offerta di alberghi di alto livello. Questo è il primo passo da compiere».
Cosa manca secondo lei nell'alta ospitalità italiana di oggi?
«Sicuramente un po’ di innovazione. Ci vuole un po’ di brio, dalle divise meno ingessate alle pratiche sostenibili. Poi mancano le skill manageriali e la formazione dei giovani. Per questo abbiamo collaborato con l’Università di Bari per sostenere e promuovere il primo master in Hospitality & Revenue Management».
Quali sono i pilastri dell’ospitalità contemporanea, a suo avviso?
«In sintesi: il capitale umano, la personalizzazione dell’esperienza, l’attenzione al benessere, la valorizzazione della cultura locale e delle tradizioni, la sostenibilità e la continua innovazione».
L’hotel Santavenere a Maratea
E come intende tradurre questi principi in pratica?
«Noi sposiamo il concetto di “meaningful travel”, che mette le persone a contatto con il territorio, con la gente del posto e con se stessi. Chi viene da noi deve stare bene, e deve ripartire più arricchito di quando è arrivato. Ma facciamo anche girare l’economia creando posti di lavoro e, rifornendoci da produttori vicini, limitiamo gli spostamenti delle merci, quindi l’inquinamento. Inoltre promuoviamo la cultura locale, a partire dal menù: per fare un esempio, a Borgo Egnazia si mangiano le orecchiette e i lampascioni, a Cortina casonsei e pastin».
Quali sono le sue fonti d’ispirazione?
«Continuo a studiare – sto frequentando un corso di Owner/President Management alla Harvard Business School – e a imparare dai maestri, come Ian Schrager, che ha portato il fattore coolness nell’ospitalità, o Horst Schulze, fondatore di Ritz-Carlton e poi di Capella Hotels & Resorts. E poi c’è il gruppo indiano Oberoi: sono imbattibili per servizi, esperienze di soggiorno, Nps (Net Promoter Score, il punteggio che valuta il grado di soddisfazione degli ospiti, ndr) e gestione dello staff, a cui offrono autonomia, empowerment, formazione».
Nel 2020 Borgo Egnazia è stato premiato come Top Employer dal Top Employers Institute. Come avete raggiunto questo prestigioso riconoscimento?
«Per me il capitale umano è il più grande valore di un albergo, indispensabile per farlo funzionare e per trasmettere la cultura dell’impresa e del territorio. A Borgo Egnazia è stata istituita la figura dell’happiness officer che si occupa del benessere del team, organizziamo academy di formazione e aggiornamento e stiamo studiando un modello di lavoro che prevede l’accumulo degli straordinari in banche ore, programmi di incentivi, allungamento dei congedi parentali e altri benefit. Il prossimo passo sarà ottenere la certificazione B Corp, che misura l’impatto ambientale e sociale dell’impresa. Trattare bene le persone – dipendenti, ospiti, fornitori – ripaga sempre».
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