di Camilla Curcio
Bonus 18enni, Mollicone: "Raddoppiamo, per i ragazzi fino a mille euro"
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«Una scelta che non condivido, di fatto si premia chi già può permettersela la cultura». «Perché stimolare i ragazzi che hanno gli strumenti e lasciare indietro, invece, quelli che fanno più fatica?». «Chi esce dalle scuole superiori con 60, quindi, non avrebbe diritto a una cultura». «18App è sempre stata utilizzata per tutto, tranne che per lo scopo per cui è nata. Giusta decisione».
Quando, tra le misure della legge di Bilancio (legge 197/2022), è stata annunciata la riforma del bonus cultura per i giovani, i social si sono fatti cassa di risonanza di opinioni contrastanti. C’è stato chi ha reagito con indignazione, tacciando il governo di discriminazione e chi, invece, schierandosi dalla parte della premier Giorgia Meloni, ha apprezzato il tentativo di arginare le frodi e «dare valore al merito» con un restyling radicale della misura. Che, oltre ad avere conseguenze importanti sulla platea dei potenziali beneficiari, non risparmierà ripercussioni significative agli operatori del settore e, in generale, a tutto il business dell’industria culturale nazionale.
Lanciata dal governo Renzi nel 2016 per incentivare le giovani generazioni al consumo consapevole dei prodotti culturali più svariati (dai libri ai concerti, passando per gli spettacoli teatrali, i corsi di lingua straniera e gli abbonamenti ai quotidiani), a partire dal 2024 la 18App terminerà il suo corso e sarà sostituita da due nuovi benefit: la Carta Cultura Giovani e la Carta del Merito, card virtuali cumulabili del valore di 500 euro. La prima sarà assegnata ai diciottenni che provengono da famiglie con un reddito Isee fino a 35 mila euro. La seconda, invece, terrà conto dell’andamento scolastico, premiando gli studenti che riusciranno a chiudere l’esame di maturità con il massimo dei voti. Al netto dei nuovi requisiti, il meccanismo di assegnazione (valido fino al raggiungimento del limite massimo del fondo, pari a 190 milioni di euro) rimane identico: come per il vecchio bonus, che forniva ai diciottenni residenti in Italia (o, dove previsto, con permesso di soggiorno valido) un buono spendibile online e offline entro un tempo limite, pena la perdita dell’incentivo, anche le carte saranno disponibili a un anno di distanza dal compimento della maggiore età o dal conseguimento del diploma e avranno una scadenza.
Dunque, chi è diventato maggiorenne nel 2022 potrà, per l’ultimo anno, godere della 18 App, seguendo il classico iter di richiesta del sostegno. A partire dal 31 gennaio 2023 ed entro il 31 ottobre 2023, basterà collegarsi sul sito ufficiale www.18app.italia.it e, registrandosi con Spid o Cie, con pochi, semplici passaggi, sarà possibile ottenere un voucher nominativo da 500 euro, non cedibile e da spendere entro il 30 aprile 2024 per acquisti scolastici ed extrascolastici nei negozi fisici convenzionati o sulle piattaforme di e-commerce. Invece, i ragazzi e le ragazze dell’annata 2005, che faranno i 18 anni nel 2023, dovranno aspettare il 2024 per riscattare una delle due carte virtuali nei modi e coi criteri che, entro fine febbraio di quest’anno, verranno comunicati dai ministeri dell’Economia e dell’Istruzione.
Stando alle dichiarazioni del presidente Meloni e del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, il cambio di rotta è stato dettato anche dall’obiettivo di mettere un freno agli abusi, più volte segnalati dalla Guardia di finanza. Nel corso degli anni, infatti, non sono stati pochi gli utenti che, in accordo coi commercianti, avrebbero fatto ricorso a tecniche poco ortodosse per acquistare prodotti esclusi dal paniere di beni previsti dalla norma.
Al netto di difetti da risolvere, tuttavia, gli addetti ai lavori hanno più volte sottolineato la necessità di tutelare l’universalità della misura. Elemento che, coi requisiti imposti dal nuovo corso, andrà inevitabilmente a perdersi. E che, invece, come dimostrato dai numeri, è stato il segreto del successo di un progetto di cui l’Italia è stata pioniera. In base agli ultimi dati disponibili, nel 2021 sono stati oltre 440 mila i diciottenni che hanno usufruito del bonus, investendo su libri ed e-book (circa 95 milioni di euro spesi), concerti (oltre 22 milioni) e musica (circa 14 milioni per cd, vinili e servizi musicali in streaming). Non è tutto: oltre a vantare la medaglia di aprifila, il nostro Paese è diventato, nel tempo, anche modello di ispirazione per Francia, Spagna e Germania che, da qualche anno a questa parte, hanno annunciato il varo di incentivi simili al bonus cultura, rispettivamente il Pass culture, buono digitale di 300 euro operativo dal 2021, il Bono cultural, erogato dal governo Sanchez nel 2021 e pari a 400 euro e il Kultur pass, voucher da 200 euro annunciato a novembre 2022 ma attivo solo a partire dal secondo semestre del 2023.
Riduzione della platea dei beneficiari e introduzione di soglie che intaccano il valore democratico della cultura. Sono queste le criticità della transizione contrastate da associazioni e federazioni culturali. «La scelta di trasformare la 18App in una Carta cultura vincolata all’Isee ci ha visto contrari perché esclude tanti giovani che da questo incentivo avrebbero potuto trarre benefici», sottolinea Innocenzo Cipolletta, presidente di Confindustria Cultura Italia. «L’applicazione è stata concepita per tutti i diciottenni come strumento per stimolarli ad avvicinarsi alla cultura senza distinzione. Legarlo al reddito, oltre che portare burocrazia aggiuntiva, può rivelarsi una scelta non equa perché nega l’autonomia di questi nuovi cittadini rispetto alle famiglie d’origine che non è detto siano pronte, seppur con redditi alti, a sostenere una domanda di cultura e indipendenza dei figli. Ben vengano le misure che aiutano economicamente i soggetti meritevoli ma il sostegno alla cultura dovrebbe essere universale».
Sulla stessa linea anche Umberto Croppi, direttore di Federculture: «L’introduzione del fattore reddituale, che in un’altra ottica potrebbe avere senso, fa sì che non si tratti più di un progetto di sensibilizzazione generalizzata ma di una questione di perequazione sociale», spiega, «E ancora più contraddittoria è la carta legata alla premialità per il rendimento scolastico: bisogna incentivare e non escludere chi ha più difficoltà nell’apprendimento e ha bisogno di una guida per prendere dimestichezza con gli strumenti culturali. Le carte, prese singolarmente, potrebbero avere una logica ma vanno in una direzione diversa rispetto allo spirito della 18 App».
Colti di sorpresa da una rivoluzione improvvisa, i ragazzi e le ragazze che potrebbero rientrare nella platea di potenziali fruitori di una delle due o di entrambe le carte hanno un’opinione precisa e più o meno allineata. Per Maria Susy, studentessa del liceo classico di San Giovanni in Fiore, commisurare il bonus cultura al reddito non è sbagliato ma occorre trovare una soluzione per garantirlo a tutti. «Penso che bisognerebbe assicurare a tutti una base standard, ad esempio 250 euro, e poi integrare l’ammontare destinato a ragazzi e ragazze con redditi bassi, arrivando magari a un tetto di 800 euro. Monitorando le spese che devono rimanere vincolate a scopi formativi o, comunque, culturali».
Storcono il naso anche davanti al parametro del merito, perché se è opportuno riconoscere il valore dello studente, ridurlo a un voto che, di frequente, non riassume il suo percorso formativo, è svilente. Alex, studente del liceo Walther von der Vogelweide di Bolzano, crede che «avrebbero dovuto usare criteri più ampi e inclusivi e una soglia meno esagerata». Per Matteo e Luigi, studenti del liceo scientifico L.B Alberti di Valenza, invece, c’è il rischio di intaccare il benessere psicologico dei singoli: «Se non è un voto a identificarci, perché associare un punteggio, peraltro massimo, a un bonus che dovrebbe essere di tutti, a prescindere da quanto dimostrato a scuola. Ogniqualvolta si tratta il tema istruzione, ci sentiamo dire che i ragazzi sono stressati, che si dà peso ai voti e non al loro valore come persone, di certo approvando un provvedimento del genere, non si fa altro che gravare sulle spalle di chi ha bisogno». Un punto di vista cui fa eco anche Maria Susy: «Se per essere idonea devo necessariamente puntare al massimo, tutto questo finisce per non tutelare la mia salute mentale e, pur avendo un rendimento positivo in termini di numeri, impatta sul mio benessere personale».
Nonostante le poche primavere, le alternative che propongono per stimolare l’interesse dei giovani sembrano efficaci: «supportare progetti e manifestazioni culturali che coinvolgano attivamente i ragazzi per incuriosirli», «una scuola aperta al dialogo e professori capaci di far appassionare la classe, facendo della cultura un mezzo di comunicazione», «garantire pari opportunità, rendendo la cultura accessibile e ringiovanendola».
A fare i conti con gli esiti di questa conversione non saranno solo i potenziali fruitori ma anche gli attori del settore culturale. Come le librerie che, con la spinta data ai consumi dalla 18 App, hanno contribuito a definire una tendenza positiva, stimolando i giovani a sfogliare un libro per puro piacere e costruendo un percorso di scelte autonomo. «Il tema delle conseguenze dell’operazione va osservato sotto diversi punti di vista», ribadisce Paolo Ambrosini, presidente dell’Associazione librai italiani. «Com’è noto, da decenni, l’indice di lettura del Paese è preoccupante. Gli ultimi dati Istat dicono che il 40.8 per cento della popolazione da sei anni in su legge un libro per motivi non scolastici. E invece il dato elaborato dal Forum del libro, partendo sempre dall’Istat, relativamente alla platea di diciottenni evidenzia come, proprio grazie alla 18 App, ci sia stato un assorbimento di lettura che, nel 2019, ha sfiorato il 54 per cento. Dunque, il danno può essere immediato, in termini di contrazione delle vendite ma va considerato anche il problema complessivo, sul lungo e medio periodo. La riduzione dei lettori si riverbererà negli anni con conseguenze pesanti per il Paese, visto che dalla lettura passano l’acquisizione delle competenze, lo sviluppo della coscienza critica e l’apertura verso il nuovo. Questo è il nodo su cui il pubblico decisore deve riflettere».
Un invito ai vertici a cui Ambrosini aggiunge un’altra proposta: «Di fronte a una misura che funziona bene, non vedo cosa si possa fare per migliorarla», ribadisce, «per questo, oltre a punire i trasgressori, penso che il bonus cultura debba aiutare il pubblico a scoprire la bellezza dei negozi fisici. Individuando una chiave che incrementi l’afflusso dei ragazzi e aiutandoli a fare un mix equilibrato delle due componenti, rete materiale e algoritmo».
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