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Harvey, le vittime sono 37. Esplode l’impianto chimico di Crosby

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Lo stabilimento Arkema di Crosby (Ap)

Lo stabilimento Arkema di Crosby (Ap)

31 agosto 2017
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3' di lettura

Sono almeno 37 le vittime confermate dell’uragano Harvey che, nella notte tra venerdì e sabato scorso, si è abbattuto sul Texas per poi dirigersi verso la Louisiana, portando il presidente degli Stati Uniti Donald Trump a dichiarare lo stato di calamità naturale in entrambi gli stati. Complessivamente si contano 30mila sfollati che hanno lasciato le proprie residenze per sfuggire alla calamità naturale che minaccia le infrastrutture locali, in particolare la diga di Houston e le raffinierie di petrolio della Louisiana dopo quelle in Texas, tanto che Exxon Mobil e Citgo Petroleum hanno considerato la chiusura delle attività locali.

Harvey è ormai il disastro naturale più costoso della storia degli Stati Uniti. I danni secondo gli esperti ammonteranno a circa 160 miliardi di dollari, l'equivalente di Katrina e Sandy messi assieme. Secondo Joel Myers, presidente della società di previsioni meteo AccuWeather, i danni causati rappresentano lo 0,08% del pil Usa (19mila miliardi). «Questo è solo l'inizio - ha detto -. Parti di Houston, la quarta città più popolosa degli Usa, saranno inabitabili per
settimane e forse mesi».

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Due esplosioni in un impianto chimico
Due esplosioni hanno colpito oggi l’impianto chimico della Arkema nella cittadina di Crosby, alle porte di Houston. Colonne di fumo nero si levano dalla struttura. Quanto accaduto è conseguenza dei gravi danni subiti dalla fabbrica in seguito alle alluvioni.

Per le forti piogge il sistema di refrigerazione dei composti chimici stoccati nell’impianto ha smesso di funzionare, rendendo difatti impossibile la prevenzione di incendi con conseguenti esplosioni. Le attività di produzione nell’impianto erano state interrotte già venerdì scorso, prima che Harvey toccasse terra, ma sulla cittadina si sono rovesciati 102 centimetri di pioggia che hanno allagato la zona in cui sorge la fabbrica e hanno interrotto la fornitura di energia elettrica. Fuori uso anche i generatori di corrente. Dallo stabilimento sono fuoriuscite sostanze chimiche, causando il ricovero in ospedale di un poliziotto impegnato nei soccorsi nella zona che ne ha inalato i vapori. Altre nove persone si sono presentate spontaneamente all’ospedale per accertamenti. La Arkema ha assicurato che le sostanze non sono «tossiche».

Sott’acqua 500mila automobili
L’alluvione in Texas potrebbe avere un forte impatto sulle vendite di auto in quel mercato, come già era avvenuto in precedenza per il passaggio degli uragani Katrina e Sandy. Lo riporta il quotidiano Detroit News, citando il parere di analisti ed esperti del settore. Secondo Jonathan Smoke, chief economist alla Cox Automotive, Harvey potrebbe aver distrutto fra 300mila e 500miala automobili e light truck, ben oltre a quanto era accaduto nel 2012 quando Sandy aveva obbligato a sostituire 250mila veicoli.

Harvey in Texas fa 37 vittime. Esplosioni in impianti chimici

14 foto

Arkema Inc., l’impianto chimico allagato. (Godofredo A. Vasquez/Houston Chronicle via AP)
(EPA/PETTY OFFICER 2ND CLASS PAUL KRUG)
(REUTERS/Adrees Latif)
(Chris Granger/NOLA.com The Times-Picayune via AP)
(Chris Granger/NOLA.com The Times-Picayune via AP)
(AP Photo/Eric Gay)
(Win McNamee/Getty Images/AFP)
(Win McNamee/Getty Images/AFP)
(Win McNamee/Getty Images/AFP)
(Reuters)
(EPA/TANNEN MAURY)
(Ashley Landis/The Dallas Morning News via AP)
(AP Photo/Eric Gay)
(Reuters)

Gara di solidarietà
Si moltiplicano intanto le gare di solidarietà a favore delle vittime, nello show business come nel mondo degli affati. La Fondazione Leonardo DiCaprio ha per esempio donato un milione di dollari al nuovo fondo istituito per far fronte all’emergenza (il fondo United Way Harvey Recovery). Risorse che saranno utilizzati per aiutare la popolazione colpita con interventi di breve e lungo periodo.

I rincari ai carburanti
Le conseguenze immediate dei danni provocati da Harvey riguardano anche i prezzi dei carburanti, che hanno subito un’impennata. La più grande raffinera del Paese, quella di Port Arthur, di proprietà di Motiva Enterprises (joint venture fra Shell Oil e Saudi Refining) chiusa da mercoledì, potrebbe non riaprire prima di due settimane e fare pesare così la mancaza di una produzione da 603mila barili al giorno. Ma il bilancio complessivo delle chiusure causate dall’inondazione nell’area sale a un quarto della capacità di raffinazione degli Stati Uniti. Colpita anche la Colonial Pipeline, principlale arteria di trasporto del carburante, costretta a chiudere da oggi le principali condotte verso il Nord Est per delle interruzioni ai punti di pompaggio e per mancanza di rifornimenti dalle raffinerie. La Colonial Pipeline trasporta fino a tre milioni di barili di benzina e altri prodotti ogni giorno.

E sono arrivati anche sulla rete carburanti italiana gli effetti dell’uragano Harvey. La fermata della capacità di raffinazione americana si è riflessa in una brusca accelerazione delle quotazioni dei prodotti petroliferi anche nel Mediterraneo, con l’effetto a cascata dei primi aumenti dei prezzi raccomandati da parte delle compagnie.

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