di Angelo Flaccaveno
La sfilata Dior (Afp)
2' di lettura
Instancabile, insaziabile, bulimica nella fame mai placata di novità, la carovana della moda si è spostata a Parigi, ma le dinamiche non cambiano. L’accento sullo spettacolo, sovente a scapito dei vestiti, definisce ancora il momento, lo slittare inesorabile verso il solo entertainment, il prevalere dell'immagine sulla sostanza.
Lo show di Dior è concepito come una festa barocca - le stesse che si svolgevano nel Jardin des Tuileries, che adesso ospita il tendone della sfilata; le stesse volute da Caterina de’ Medici, cui la collezione è ispirata - con tanto di grotta di fili, opera dell’artista Eva Jospin, e balletto espressivo. Poco prima dell'inizio dello spettacolo, il direttore artistico Maria Grazia Chiuri dichiara «Più passa il tempo, più mi interessa lavorare su questi progetti invece della semplice sfilata».
Un adagio che riunisce molti dei direttori creativi attualmente alla guida di maison storiche, con la differenza che Chiuri è in verità attentissima al prodotto, come confermano i solidi successi. L'unico neo, qui, è una letteralità evidente, che è peró anch'essa aria dei tempi, sicché il fantasma di Caterina si manifesta in una pletora di bustini, crinoline e zeppe, con un occhio a Vivienne Westwood, la prima a sdoganare il potere eversivo dei riferimenti al costume storico. Chiuri peró è concreta: i suoi bustini sono quasi dei gilet, mentre le crinoline sono spesso sostituite da giochi di coulisse che permettono di regolare la lunghezza. L’effetto è insieme teatrale e plausibile, ripetitivo ma rassicurante.
Le divine creature di Saint Laurent incedono flessuose su tacchi chilometrici, le mani affondate nelle tasche di cappottoni militareschi dalle spalle robuste, la testa velata da cappucci liquidi, il corpo sfiorato dal fluire del jersey. Anthony Vaccarello, direttore creativo dal segno asciutto e incisivo, non ha mai avuto paura di amplificate il sex appeal, anche a costo di sfiorare la sfrontatezza, ma nelle ultime stagioni ha mitigato i toni.
La sua donna seduce sempre, senza però scoprirsi, e l’effetto è molto elegante, insieme etereo e carnale. Nella collezione riecheggiano note molto francesi, moderne e post moderne - Madame Grès, Azzedine Alaïa che cita Madame Grès, e Claude Montana - sintetizzate in una silhouette lunghissima. L’effetto ha una gravitas che mitiga l’aspetto marziale dello show: una lenta parata sulla Place de Varsovie, attorno ad una fontana decó dal profilo militaresco, perché è chiaro che l’immaginario collettivo stia scivolando a destra. Non è affatto lento, ma accelerato, rumoroso e traboccante adrenalina, l’esordio parigino di Vaquera: una decostruzione ruvidissima del sistema di segni legato alle uniformi, dai marinai ai biker. Memento di come la moda, ancora, possa sorprendere.
P.I. 00777910159 Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie Privacy policy