di Giuseppe Bulgarini d'Elci
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La fruizione di un giorno di permesso sindacale per dedicarsi ad attività personali non riconducibili alla funzione per cui il permesso era stato riconosciuto integra gli estremi di un inadempimento disciplinare sanzionabile con il licenziamento, a nulla rilevando che per l’assenza ingiustificata di un giorno o l’abbandono della postazione di lavoro il contratto collettivo prevedesse una mera sanzione conservativa.
L’indebito utilizzo del permesso sindacale per svolgere attività ad esso estranee ha rilievo sul piano disciplinare anche (e soprattutto) perché integra gli estremi dell’abuso del diritto e non può essere esaminato nella più ridotta prospettiva delle sole giornate di assenza ingiustificata.
Secondo la Corte di cassazione (ordinanza del 26198/2022), non è di alcun pregio che il contratto collettivo applicato al rapporto richiedesse non meno di 5 giorni continuativi di assenza ingiustificata dal lavoro (o 5 giorni di assenza frazionati, se collocati dopo una festività o un periodo di ferie) per sanzionare la condotta inadempiente con il provvedimento espulsivo.
Laddove il lavoratore abbia utilizzato in modo improprio il permesso sindacale, l’assenza ingiustificata è solo una componente di un inadempimento che investe, in senso più ampio, la capacità del dipendente di attenersi alle prescrizioni delle norme imperative di legge.
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