di Marco Valsania
Intelligenza artificiale, perché è un pericolo per il mondo del lavoro
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In oltre diecimila, forse ventimila, hanno incrociato le braccia. Anzi, meglio, hanno deposto penne e spento tastiere e computer. Il piccolo esercito degli sceneggiatori americani, da Hollywood a New York, è entrato in sciopero in queste ore, facendo scattare la paralisi di molte nuove produzioni tv e cinematografiche, targate Disney come Netflix, Amazon e Apple.
L'agitazione, la prima dal 2007, è esplosa sul rinnovo del contratto di lavoro. Al centro le nuove frontiere tecnologiche, dall'avanzata inarrestabile dello streaming all'intelligenza artificiale. E la struttura dei compensi in questa nuova realtà, con il sindacato che denuncia erosioni nei redditi dei lavoratori e nelle garanzie di impiego. A fianco degli sceneggiatori si sono schierati anche i sindacati di attori e registi.La controparte è rappresentata dall'associazione di settore Alliance of Motion Pictures and Television Producers, 350 gruppi che accanto ai tradizionali Studios oggi comprende i leader tech e streaming. Si dichiarata disponibile a discutere, ma ha respinto numerose delle richieste delle union, un'impasse che ha portato adesso alla comparsa dei picchetti delle union davanti alle sedi aziendali.
Lo scontro arriva in un momento delicato. Le società citano le pressioni a ridurre i costi, dopo anni di forti espansioni, e sull'economia si allungano ombre di recessione. Ma il sindacato ha definito la sua battaglia come necessaria «per la sopravvivenza della professione», soprattutto dei ceti medi degli sceneggiatori. Ha accusato gli Studios di svalutare la professione e volerla trasformare da lavoro a tempo pieno e con cui vivere in un nuovo capitolo della “gig economy”, con particolare riferimento agli show per lo streaming caratterizzati da minor paga e maggior precarietà.
Tra le richieste, aumenti dei compensi minimi. In discussione ci sono inoltre limiti al riscorso a soluzioni di AI.Un simile sciopero della categoria nel 2008 durò cento giorni, con danni miliardari anzitutto per l'economia di Los Angeles. Tra i primi show a fermarsi, quelli della tarda serata e dal vivo. Ad attutire almeno inizialmente l'impatto per case di produzione e distribuzione potrebbero oggi essere magazzini di content già pronto e produzioni estere. Ma la posta in gioco in una paralisi è alta per un settore che nel suo insieme vanta 822.000 dipendenti (2,4 milioni compreso l'indotto) e 261 miliardi di giro d'affari.
Marco Valsania
Giornalista
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