di Enrico Marro
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È bastato poco più di un mese: dai nuovi record storici festeggiati a fine settembre da Wall Street, quando l’indice S&P500 si trovava a sfiorare quota 3000 punti, in poche settimane siamo sprofondati vicino ai minimi dell’anno, con un calo di oltre il 10%. E tutti i guadagni dell'anno si sono volatilizzati.
Quando ci si trova in questa situazione, trader e investitori si trovano davanti al dubbio di sempre: comprare confidando in un solido rimbalzo, restare alla finestra per evitare guai o addirittura vendere per non restare sotto le macerie d un crollo ben più rovinoso?
Intanto va ricordato che le correzioni di Borsa sono assolutamente normali, anzi salutari. Dai minimi toccati nel marzo 2009 dopo la crisi Lehman, l’indice S&P500 ha contato ben 22 ritracciamenti (escluso quello attuale), con un declino medio dell’8-9% dai massimi ma punte di quasi il 22% (tra maggio e ottobre 2011) e oltre il 17% (tra aprile e giugno 2010).
Attenzione però perché, come mostra anche la tabella qui sopra, non tutte le correzioni sono uguali. Alcune generano un rapido rimbalzo che raggiungee nuovi massimi, mentre altre impiegano mesi, se non anni, per recuperare le perdite. A differenza di Wall Street, per esempio, Piazza Affari non è mai riuscita a tornare a quota 48mila punti, dove era arrivata nel 2000 nel picco della bolla Internet, e nemmeno agli oltre 40mila punti del 2007.
Come cercare di capire quando il crollo genererà un rapido rimbalzo? I possibili indizi sono diversi, ma appunto di indizi si tratta, non di prove. La statistica ci racconta il passato, ma a volte il futuro è fatto anche da “Cigni Neri”, eventi inediti e imprevedibili.
Charlie Bilello, analista di Pension Partner, di solito cerca indizi nelle condizioni di “estremo ipervenduto”, quelle in cui una bassissima percentuale di società dell’S&P500 riesce a restare al di sopra della sua media mobile a 50 giorni. È proprio in quelle condizioni di vendita indiscriminata di tutti i settori, quindi di panico irrazionale, che spesso si gettano le premesse di un rapido recupero: dal 2009 in media il rimbalzo è stato del 22,7%, con ritorni positivi nel 93% dei casi, contro guadagni medi del 9,9% positivi nell’84% dei casi negli altri periodi. Se allunghiamo l’orizzonte a cinque anni, dopo un picco di “estremo ipervenduto” l’azionario guadagna nel 100% dei casi.
Attenzione però perché anche i rimbalzi legati all'ipervenduto possono assumere varie forme: in alcuni casi recuperando molto in fretta, in altri preludendo a nuove correzioni che verranno recuperate dopo molto tempo.
Vediamone cinque esempi, sempre assieme all’analista di Pension Partners.
1. L’ultimo acuto
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Un esempio da manuale di “ultimo acuto” è rappresentato dalla correzione dell’agosto 2007, alla quale è seguito un ottimo rimbalzo del 15% che ha portato l’indice S&P500 a nuovi massimi storici nel giro di due mesi. Ma si è trattato di uno “spike” dalle gambe corte, perché nei mesi successivi Wall Street si è avvitata nel peggior crollo (-57%) dalla fine della grande recessione, con quei massimi dell’ottobre 2007 che verranno superati solo nel 2013.
2. Il rimbalzo del gatto morto
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Restiamo ancora a quell’ingannevole ottobre del 2007: nel gennaio del 2008 Wall Street si trovava al di sotto di quei massimi di circa il 19%, in quella condizione di “estremo ipervenduto” che in teoria innesca il recupero. E in effetti rimbalzo fu, con un robusto 13% di guadagni da gennaio a maggio, ma decisamente illusorio: dal maggio 2008 ai minimi del marzo 2009 lo S&P500 precipitò in vite perdendo il 54% del suo valore.
3. Il coltello in caduta libera
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«Mai cercare di afferrare il coltello che cade» è una dei principali comandamenti di trader e gestori, che evitano accuratamente di comperare quando regna il panic selling sui mercati. Peccato che non sia così semplice capire - per restare alla metafora - quando il coltello sta cadendo e quando ha già toccato il suolo. Quando il 29 settembre 2008 l’indice S&P500 è entrato in condizione di “estremo ipervenduto”, dopo un crollo del 30% dai massimi dell’ottobre 2007, sembrava che la mattanza sui mercati fosse finita. Invece no: nei due mesi successivi, Wall Street ha continuato a segnare nuovi “ipervenduti estremi” quasi ogni giorno, precipitando di un ulteriore 32% rispetto ai minimi relativi del 29 settembre 2008.
4. Il Sacro Graal
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Chi invece avesse indovinato il vero “pavimento” del crollo post Lehman, quello del marzo 2009, avrebbe conquistato qualcosa di molto simile al Sacro Graal, con lo S&P500 destinato entro l’anno quasi a raddoppiare il suo valore.
5. Compra l’ipervenduto estremo
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Ma lasciamo da parte gli eccessi del periodo 2007-2009 per vedere come si è comportata Wall Street in condizioni “normali”, cioè di mercato rialzista. In questo caso lo schema dell’”estremo ipervenduto” funziona, come dimostra l’esempio del grafico qui sopta, che si riferisce alla maxi correzione di inizio del 2016.
Enrico Marro
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