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Vitamina D, perché l’Aifa frena sulle prescrizioni

di Nicola Barone

Medicina: Vitamina D, pubblicate le nuove raccomandazioni e linee guida

Per gli endocrinologi «la nuova stretta è basata su una logica economica ma non clinicamente valida»

23 febbraio 2023
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4' di lettura

Scatta un freno alla prescrizione di vitamina D in caso di fragilità ossea negli adulti sani. L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha rivisto i criteri di appropriatezza in base a nuove evidenze scientifiche che specificano anche la mancanza di benefici contro il Covid. Nel passo tuttavia non si riconosce la comunità scientifica dei medici endocrinologi.

La determina Aifa

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Il punto riguarda la supplementazione con vitamina D e suoi analoghi (colecalciferolo, calcifediolo), per la prevenzione e il trattamento degli stati di carenza nell’adulto. La determina dell’Aifa (n. 48/2023) è stata pubblicata ieri in Gazzetta ufficiale. «L’aggiornamento della Nota, istituita nel 2019 - spiega l’Aifa - si è reso necessario a seguito della pubblicazione di nuove evidenze scientifiche che hanno ulteriormente chiarito il ruolo della vitamina D in assenza di concomitanti condizioni di rischio».

Cosa dicono due studi

In particolare, sono stati presi in considerazione i risultati di due ampi studi clinici randomizzati, lo studio americano Vital (Nejm 2022) e lo studio europeo Do-Health (Jama 2020). «Entrambi - ricorda l’agenzia - hanno concluso che la supplementazione con dosi di vitamina D più che adeguate (2000 UI die di colecalciferolo) e per diversi anni (oltre 5 anni nel primo studio e 3 anni nel secondo) non è in grado di modificare il rischio di frattura nella popolazione sana, senza fattori di rischio per osteoporosi. Questi risultati si sono confermati anche tra i soggetti con livelli più bassi di vitamina 25(OH)D. A questi studi principali si aggiunge, precisa Aifa, la ricca letteratura riguardante l’utilizzo nel Covid «che non ha dimostrato alcun beneficio della vitamina D anche in questa condizione».

L’aggiornamento della Nota

«Con l’occasione sono state inserite nel testo della Nota alcune precisazioni migliorative, su proposta di clinici o società scientifiche». Queste, dettaglia l’Agenzia italiana del farmaco, le modifiche alla Nota 96: «Introduzione della nuova categoria di rischio ”persone con gravi deficit motori o allettate che vivono al proprio domicilio”; riduzione da 20 a 12 ng/mL (o da 50 a 30 nmol/L) del livello massimo di vitamina 25(OH)D sierica, in presenza o meno di sintomatologia specifica e in assenza di altre condizioni di rischio associate, necessario ai fini della rimborsabilità; specificazione di livelli differenziati di vitamina 25(OH)D sierica in presenza di determinate condizioni di rischio (ad es. malattia da malassorbimento, iperparatiroidismo) già presenti nella prima versione della Nota; aggiornamento del paragrafo relativo alle evidenze più recenti sopracitate e inserimento di un breve paragrafo dedicato a vitamina D e Covid-19; introduzione di un paragrafo sui potenziali rischi associati all’uso improprio dei preparati a base di vitamina D».

Gli endocrinologi: scelta su base economica

«La nuova stretta sulla prescrizione di vitamina D è basata su una logica economica ma non clinicamente valida. Il risultato è che i cittadini ormai quasi sempre la pagano per conto loro». Annamaria Colao, presidente della Società italiana di endocrinologia (Sie) non nasconde il suo disaccordo. «Studi sperimentali mostrano quanto sia importante per tantissimi apparati, da quello immunitario a quello scheletrico. Varrebbe la pena studiare meglio questo ormone, con studi clinici ampi e complessi, che ne valutino l’impatto sullo stato di salute generale della persona».

Tutti i benefici legati all’assunzione

Sintetizzata con i raggi del sole e diventata famosa come cura contro il rachidismo infantile, la vitamina D è da sempre usata per fratture dovute a osteoporosi, ma non solo. È prescritta a donne in gravidanza per evitare deformazioni del feto, ai neonati nei primi mesi di vita, ai bambini durante la crescita per potenziare apparato immunitario. «Capisco - precisa la professoressa Colao - il ragionamento economico alla base della nuova determina, ma è miope dal punto di vista clinico: la vitamina D in circolo è un parametro di buona salute, mentre la sua carenza è legata a un elevato livello infiammatorio nell’organismo, con tutte le malattie collegate. È un composto che ha recettori in tutte le cellule, il suo deficit è correlato allo sviluppo tumori, al peggioramento di obesità e diabete, all’aumento dell’ipertensione».

Riserve sulle conclusioni prodotte

D’altronde oggi assorbiamo oggi molta meno vitamina D rispetto a decenni fa, «prima i bambini andavano in colonia e stavano al mare 3 mesi e giocavano molto di più all’aperto». Rispetto agli studi che supportano la nuova determina Aifa, per Colao vanno fatte alcune opportune considerazioni. «Innanzitutto è difficile valutare il dosaggio della vitamina D in circolo: la glicemia è misurabile in modo più attendibile rispetto a uno steroide di cui possiamo fare solo una stima approssimativa, con grandi variazioni tra un dosaggio e un altro. Quanto ai risultati emersi, mostrano che da sola la vitamina D non previene le fratture, e questo è vero perché la fragilità ossea negli anziani può esser dovuta anche a carenze nutrizionali nel corso di tutta la vita e ad altre patologie, cosa che lo studio pure ampio, non considera».

«Una guerra che lascia perplessi»

Quanto alle evidenze che ne escludono l’utilità contro il Covid, l’esperta spiega che la vitamina D «potenzia la salute del sistema immunitario, chi ha un livello di vitamina D più alta reagisce meglio ai patogeni di chi ha ipovitaminosi D. In questo caso sono stati arruolati pazienti che si sono ammalati di Covid e a cui è stata data vitamina D, in aggiunta alle terapie. Non stupisce che un agente che serve alla prevenzione, se usata come cura, non abbia effetto». Insomma secondo la presidente degli endocrinologi «ci sono farmaci molto più costosi e inutili di cui varrebbe la pena monitorare la prescrizione» mentre quella contro la vitamina D «è una guerra che lascia perplessi ed è sintomo di scarso impegno in prevenzione. Quando poi, per mancata prevenzione, si manifestano problemi, interverremo con terapie, come facciamo sempre».

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