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L’Europa investa sul biometano per coprire il 25% dei bisogni di gas

di Celestina Dominelli

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Al timone. L'amministratore delegato di Italgas Paolo Gallo

Al timone. L'amministratore delegato di Italgas Paolo Gallo

Il ceo di Italgas indica una possibile strada contro il caro energia e invita ad accelerare sui gas green e sull’integrazione tra elettrico e gas per dare al sistema la giusta flessibilità

11 febbraio 2022
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4' di lettura

«La rotta da seguire contro il caro energia è una molteplicità di interventi che permettono di ridurre la dipendenza dell’Europa dalle importazioni di gas. E la strada, che aiuta anche a risolvere gran parte dei problemi collegati alla catena dei rifiuti, è quella che porta al biometano: una soluzione tecnologica consolidata già disponibile e per la quale la Commissione europea ha stimato un potenziale compreso tra 1.150 e 1.422 terawattora l’anno, pari al 25-30% dell’attuale consumo di gas del Vecchio Continente». Al termine dei due anni di presidenza di GD4S (Gas Distributors for Sustainability), l’associazione dei distributori di gas europei, Paolo Gallo, amministratore delegato di Italgas, indica una possibile via guardando all’impennata dei prezzi del gas che ha fatto salire le bollette in tutta Europa, Italia inclusa, e invita ad accelerare sui green gas e sull’integrazione tra i sistemi elettrico e gas (il cosiddetto sector coupling) per garantire la necessaria flessibilità al sistema. Con un occhio a quei paesi che già si muovono in questa direzione.

«In Francia si sta investendo molto sul biometano. Basti pensare che Grdf (Gaz Réseau Distribution France), il principale distributore di gas transalpino, vanta già 315 impianti collegati alla sua rete e ci sono 1.180 progetti in autorizzazione. E questo grazie alla spinta notevole garantita dal governo che ha favorito lo sviluppo di una diffusa competenza a gestire le immissioni di biometano nella rete». Con il risultato che più del 90% degli impianti sono collegati alla rete di distribuzione. «È un fatto intuitivo - chiarisce il ceo - perché l’impianto di biometano viene costruito tendenzialmente in prossimità di centri abitati, soprattutto se sfrutta i rifiuti derivanti da produzione agricola. E quindi è molto più probabile che in quelle aree si trovi una rete di distribuzione del gas alla quale connettersi».

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L’altro modello indicato da Gallo è il Portogallo dove il principale distributore di gas del Paese, Ggnd (Galp Gás Natural Distribuição), sta sperimentando la distribuzione di una miscela di gas naturale e idrogeno attraverso la propria rete a clienti residenziali, terziari e industriali. Nella fase iniziale del progetto verrà immesso nella rete del gas naturale il 2% di idrogeno, per poi arrivare fino ad un massimo del 20% nell’arco di 2 anni. «I nostri omologhi si attendono nei prossimi anni una sovrapproduzione di energia elettrica da fonte rinnovabile a un prezzo relativamente contenuto che potrebbe quindi essere utilizzata per la produzione di idrogeno verde e si stanno attrezzando per sfruttare questa possibilità».

Due esempi evidenti, dunque, che mostrano come la risposta alla crisi del gas vada ricercata anche promuovendo interventi di medio-lungo respiro, favoriti e accompagnati dalle istituzioni comunitarie. «Se ci fosse a livello europeo un’indicazione più stringente sulla produzione di biometano, ciò aiuterebbe i singoli paesi ad accelerare su questo versante». Al momento, da qui arriva la copertura di appena il 5% della domanda di gas dell’Unione Europea, ma le prospettive sono enormi se solo si considera che, dal 2018 al 2020, gli impianti sono quasi raddoppiati fino a raggiungere la quota di 729 unità in 19 Paesi. E in Italia le potenzialità non sono da meno: il Consorzio Italiano Biogas stima in circa 8,5 miliardi di metri cubi la produzione annuale di biometano raggiungibile attraverso la conversione delle strutture già esistenti e l’aggiunta di nuove installazioni. Che, come noto, anche il Recovery Plan con i circa 2 miliardi di investimenti previsti, vuole provare a spingere. «Oggi solo una percentuale di rifiuti agricoli compresa tra il 10 e il 20% viene tratta per produrre biogas e biometano. Questo sta a significare che c’è ancora un notevole margine di sviluppo possibile».

Chiaro è, però, che serve una spinta efficace sia dei singoli governi che di Bruxelles. Dove, non a caso, nei due anni della presidenza di Gallo, GD4S - ora passata sotto il timone dello spagnolo Narcis De Carreras, ad di Nedgia -, ha conquistato sempre più spazio diventando «un interlocutore serio e affidabile della Commissione Europea», aggiunge Gallo, e ha attivato collaborazioni continue con le altre associazioni di distributori del gas (Eurogas, Geode, Cedec): «In questo modo abbiamo portato a Bruxelles la voce di oltre il 90% dei distributori del gas di tutta Europa e lo abbiamo fatto con una visione comune del ruolo strategico delle reti del gas nella transizione energetica e dell’importanza della cooperazione tra i settori elettrico e gas», prosegue l’ad. Insomma, un salto non solo dimensionale. Supportato anche dalla svolta voluta dal top manager all’interno di Italgas all’insegna di una sempre maggiore spinta sulla digitalizzazione. Una svolta che Gallo ha raccontato in un libro, fresco di stampa, “Diario di volo”, e che è entrata così, insieme al tema del controllo e della riduzione delle emissioni fuggitive di metano dalle reti di distribuzione - altro fronte su cui Italgas è all’avanguardia -, tra le priorità che «ormai tutti i distributori europei hanno messo in cima alla lista delle cose da fare - conclude -. Sono i due argomenti che ogni operatore deve affrontare in maniera virtuosa e coraggiosa per promuovere la trasformazione del nostro settore».

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