di Andrea Chimento
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Un film su uno dei peggiori film di sempre: è questa la trama alla base di «The Disaster Artist», pellicola diretta e interpretata da James Franco che esordisce nelle nostre sale in questo weekend. Franco veste i panni di Tommy Wiseau, regista e attore di «The Room», film del 2003 considerato uno dei punti più bassi raggiunti nella storia del cinema americano e diventato nel corso degli anni un vero e proprio scult. «The Disaster Artist» racconta la genesi di questo strampalato progetto, dall'ideazione fino alla prima presentazione pubblica, concentrandosi sul rapporto tra Wiseau e Greg Sestero, attore coprotagonista di «The Room». Vincitore del Festival di San Sebastian, «The Disaster Artist» è un'operazione divertente e originale, un irresistibile ritratto di un fallimento cinematografico a dir poco imbarazzante.
Tommy Wiseau, una sorta di Ed Wood del cinema contemporaneo, è un personaggio che merita di essere raccontato e Franco lo interpreta efficacemente, riuscendo a trasmetterne la follia creativa, ma anche la schietta ingenuità nel pensare che fare l'artista fosse il lavoro adatto a lui. A volte James Franco esagera nei toni demenziali e non tutti i passaggi del copione risultano incisivi al punto giusto, ma è un prodotto riuscito e molto interessante, capace di coinvolgere e di incuriosire. Probabilmente si tratta della miglior prova di Franco come attore e questa performance gli è valsa il Golden Globe come miglior attore in una commedia.
Altro film attesissimo è «Il filo nascosto» di Paul Thomas Anderson con protagonista Daniel Day-Lewis. L'attore interpreta lo stilista Reynolds Woodcock che, nella Londra degli anni Cinquanta, dirige insieme alla sorella Cyril una celebre casa di moda, inconfondibile marchio di stile ed eleganza dell'alta società britannica. Mentre si trova fuori città, Reynolds conosce una timida cameriera di nome Alma, che finirà presto per diventare la sua musa e la sua amante.
«Il filo nascosto»
Con un controllo narrativo e registico impressionante, Paul Thomas Anderson racconta un rapporto ossessivo tra due personaggi, in cui le dinamiche di figura forte e figura debole della coppia vanno a interscambiarsi nel corso della narrazione.
Attraverso riferimenti alla (grande) storia del cinema, che spaziano da Alfred Hitchcock a Joseph Losey, Anderson firma un magnifico concerto audiovisivo, attraversato da immagini splendide e dall'ipnotica colonna sonora di Jonny Greenwood. Daniel Day-Lewis è straordinario nel dare vita al tormentato personaggio di Woodcock, un uomo esigente e austero, con fragilità infantili che si andranno man mano a svelare durante la visione.
Un'opera grandiosa, oltre che un nuovo tassello del potentissimo mosaico che corrisponde alla filmografia di Paul Thomas Anderson, già autore di (altri) capolavori come «Il petroliere» e «The Master».
Infine, da segnalare anche l'uscita di «Figlia mia» di Laura Bispuri, film presentato pochi giorni fa al Festival di Berlino. Ambientato in Sardegna, il film racconta un'estate nella vita della piccola Vittoria, una ragazzina di dieci anni che vive un'esistenza tranquilla con i suoi genitori. Vittoria inizia però a frequentare una donna che vive a pochi chilometri di distanza e che scoprirà essere la sua madre biologica.
«Figlia mia»
Tre anni dopo il suo esordio con «Vergine giurata», Laura Bispuri firma un'altra pellicola al femminile incentrata su un argomento particolarmente delicato. Vittoria è divisa tra due “madri” molto diverse l'una dall'altra: quella che l'ha cresciuta (interpretata da Valeria Golino), donna amorevole a cui è fortemente affezionata, e quella biologica (Alba Rohrwacher), una figura fragile e dalla vita scombinata. Spunto importante per un film dai contenuti forti, capace di non giudicare ma di lasciar riflettere lo spettatore sulle suggestioni che mette in campo. Peccato per qualche ridondanza di troppo e per un finale non all'altezza, ma il talento non manca alla regista romana e potrà ancora affinarlo in futuro.
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