di Andrea Gagliardi
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La richiesta è aumentata in modo esponenziale durante le vacanze natalizie, anche a causa della risalita dei contagi (verso quota 100mila al giorno) e delle lunghe code per eseguire i tamponi rapidi in farmacia. Poi da febbraio i tamponi “fai da te” sono stati sdoganati anche per il rientro in classe accompagnati da autocertificazione dei genitori. E in generale il loro utilizzo è cresciuto per il prezzo contenuto (al supermercato si trovano anche a meno di sei euro) e per la versatilità del loro impiego: è sempre più diffusa, ad esempio, l’abitudine, in caso di infezione Covid accertata, di “testarsi” da soli a casa con il più economico tampone “fai da te” prima di tornare dopo 7-10 giorni in farmacia per verificare la riacquistata negatività spendendo 15 euro per il tampone antigenico.
Fatto sta che il business dei tamponi fai da te è in crescita. In base ai dati Iqvia - il provider globale di dati, analisi, consulenza e tecnologie innovative in ambito sanitario e farmaceutico - il giro d’affari è passato da 24 milioni di euro (e 1,1 milioni di confezioni vendute) a settembre 2021 a 60,4 milioni di euro (e 6,5 milioni di confezioni) a marzo 2022.
In realtà il picco di vendite risale a gennaio 2022 (mese segnato da picchi di oltre 200mila contagi al giorno, a causa dell’esplosione della contagiosissima variante Omicron) con oltre 14 milioni di confezioni vendute. Ma i mesi di febbraio (4,8 milioni) e marzo (6,5 milioni), pur registrando un drastico ridimensionamento segnano comunque una stabilizzazione del giro d’affari tra i 50 e i 60 milioni di euro. Numeri nettamenti più alti di quelli dell’autunno 2021.
Quano ai canali di vendita, anche se la parte del leone la fanno sempre le farmacie, ormai i test si comprano sempre più spesso anche presso la grande distribuzione. A settembre i tamponi fai da te venduti in super e ipermercati erano il 13% del totale. A marzo, sempre in base ai dati Iqvia, su 6,5 milioni di confezioni vendute il 24% è stato acquistato nella Gdo (circa 1.6 milioni di confezioni) e il 67% (4,4 milioni) in farmacia. Il restante 10% è ripartito tra parafarmacie e e-commerce.
Del resto, con la fine dello stato di emergenza, la campagna di vaccinazione di massa (oltre l’84% della popolazione ha completato il ciclo vaccinale primario) e l’allentamento delle restrizioni si registra un diffuso atteggiamento di minore attenzione al virus. Difficile mappare il fenomeno ma in tanti optano per un tampone in casa e se il risultato è positivo non presentano in farmacia per il tracciamento ufficiale e nemmeno chiamano il medico per informarlo. Si aspetta che passi e si torna al lavoro. Un fenomeno che inizia lentamente a tradursi in un calo dei tamponi “ufficiali”: 2,3 milioni di test nell’ultima settimana contro i 2,5 milioni della precedente. Una differenza però ancora troppo piccola perché si possa parlare di un trend consolidato.
Ad ogni modo i dati ufficiali, concordano gli esperti, non rendono conto della reale diffusione di Omicron, la variante super contagiosa che continua a provocare oltre 50mila casi al giorno. Da quando è arrivata, ha già contagiato circa 11 milioni di italiani. Ma i numeri ufficiali, appunto, non dicono tutto. Alcuni esperti stimano che il numero reale dei positivi sia 2-2,5 volte in più rispetto a quello ufficiale. Significa che fino a 25 milioni di Italiani avrebbe già preso Omicron. Gli attualmente positivi sono invece 1,2 milioni, quindi fino a 3 milioni di persone potrebbero essere contagiate dal coronavirus in questo momento.
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Andrea Gagliardi
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