di Giorgio Dell'Orefice
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Qualcuno in Italia di tanto in tanto scherza affermando che “il Molise non esiste”. All’estero invece dimostrano di conoscerne perfettamente esistenza e collocazione visto che La Molisana tra i primi brand italiani della pasta lo scorso anno ha raddoppiato le proprie esportazioni. Forse il risultato più eclatante all'interno di un'annata molto positiva per l'azienda di Campobasso che ha visto il proprio giro d'affari crescere del 15,7% con un ulteriore incremento dell'11,2% per la nuova linea della pasta integrale, non una nicchia ma un segmento che ormai copre oltre il 10% del fatturato dell’azienda.
Un giro d'affari che lo scorso anno è aumentato in doppia cifra che anche a giugno 2021 ha messo a segno un ulteriore +10,7% (in controtendenza rispetto al trend della pasta in generale: -8,3%) e che soprattutto in dieci anni è passato dai 16 milioni del 2011 agli oltre 185 di oggi.
Numeri che davvero tratteggiano un grande successo conquistato grazie agli investimenti (che in sei anni hanno superato i 42 milioni di euro tra le due nuove linee di produzione, impianto di confezionamento e magazzino automatico), sull'innovazione di prodotto (la pasta integrale ma anche il lancio di nuovi formati), la produzione con grano 100% italiano (frutto di specifici accordi di filiera con agricoltori italiani) e infine la sostenibilità.
«Gli investimenti non sono certo conclusi – spiega l'amministratore delegato de La Molisana, Giuseppe Ferro - abbiamo acquisito un nuovo centro di distribuzione da 20mila metri quadri coperti. La pasta richiede di avere grandi disponibilità di magazzino. In più stiamo costruendo la terza linea di produzione che sarà dedicata alla pasta lunga».
Sotto il profilo strategico ha pagato in questi anni di crescita tumultuosa la scommessa sulla produzione di pasta con grano 100% italiano. Una scommessa che ha il suo perno negli accordi di filiera siglati con agricoltori di Molise, Puglia, Marche, Lazio e Abruzzo per ottenere una materia prima di altissima qualità e di livello proteico fino al 17%. Ma soprattutto sono uno strumento per creare un legame stabile con oltre 1.400 agricoltori ai quali viene riconosciuto un prezzo minimo e vengono introdotti modelli premiali che incentivano la qualità. Con questo sistema La Molisana ha convertito tutta la produzione diretta al mercato interno a grano 100% italiano. «Ed è una scelta che mercato nazionale ha pagato – aggiunge Ferro –, meno all'estero dove la pasta di brand italiani è percepita come made in Italy indipendentemente dalla materia prima utilizzata. Gli accordi di filiera ci hanno consentito di innalzare, e di molto, la qualità media della materia prima grazie al ricorso a sementi certificate e a buone pratiche agricole».
Nel complesso si tratta quindi di scelte che hanno avuto peso in Italia ma anche all'estero come dimostrato dall'ottima performance sui mercati internazionali. La quota di export sul fatturato ha ora toccato il 42% con un incremento del 50% in dodici mesi. «Siamo andati molto bene negli Stati Uniti, in Australia, in Giappone e nei mercati del Nord Europa – ha aggiunto Ferro – e in tutti i paesi nei quali c'è stata in passato una forte emigrazione dal Molise. In Canada siamo leader di mercato di pasta italiana , ma risultati molto positivi li abbiamo ottenuti anche in Sudamerica con Brasile, Argentina e Venezuela in prima fila».
Centrale resta la continua innovazione di prodotto. «A parte la linea di pasta integrale – aggiunge Ferro – che è arrivata a un giro d’affari di 20 milioni di euro, di recente abbiamo lanciato un nuovo formato i ‘Rigacuori'. Un progetto nato un po' per caso (per la Festa della Donna) ma che oggi è sold out sugli scaffali. Senza dimenticare invece il grande contributo in termini di vendite venuto anche dalla riscoperta di formati tradizionali come gli ‘Scialatielli'”.
E sul fronte dell'innovazione le sorprese non sembrano finite. «Stiamo studiando – aggiunge l'amministratore delegato de La Molisana – lo sbarco in qualche settore affine come quello dei sughi pronti e dei condimenti. Ma anche qui non inventiamo nulla ma seguiamo le best practice di concorrenti più grandi di noi».
E poi il tema green che sarà presto (entro il 2021) condensato nel primo bilancio di sostenibilità dell'azienda. Aspetto che già sta conoscendo una svolta importante con la conversione del packaging dalla plastica alla carta per l'intera produzione. «Prevediamo – conclude Ferro – entro cinque anni di diventare un'azienda sostenibile al 100% grazie all'autoproduzione di energia, al packaging green e all'azzeramento delle emissioni di anidride carbonica».
Giorgio dell’Orefice
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