di Emiliano Sgambato
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“Think Milk, Taste Europe, Be Smart!”: è questo il titolo della nuova campagna di comunicazione realizzata da Confcooperative, promossa dal sistema cooperativo della filiera lattiero-casearia e cofinanziata dalla Commissione Europea presentata a Roma al Palazzo della Cooperazione.
Obiettivo della campagna è la valorizzazione del settore lattiero-caseario, della sua cultura produttiva e degli alti standard in tema di qualità, sicurezza e benessere animale che contraddistinguono il comparto. In programma attività della durata triennale che si svolgeranno in Italia e Germania. Pensata prevalentemente per un pubblico giovane, suona come un invito a informarsi e a riflettere (think) per poter compiere scelte di consumo intelligenti (smart), dando la preferenza a prodotti europei come il latte bovino, e derivati, che viene presentato come un elemento distintivo, che ben si addice alle nuove generazioni.
«Quella lattiero-casearia è una produzione di assoluta eccellenza che tutto il mondo ci invidia – commenta Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative – e siamo orgogliosi come sistema cooperativo di aver sostenuto e promosso questa importante iniziativa di comunicazione. La cooperazione riveste un ruolo di assoluto protagonismo nella filiera lattiero-casearia nazionale»
In Italia infatti operano 600 cooperative che trasformano il 62% della materia prima nazionale e generano un fatturato che supera i 7 miliardi di euro, pari al 43% di tutto il valore economico del comparto e garantiscono occupazione a oltre 13mila addetti. Alle cooperative aderiscono circa 17mila stalle, da cui viene raccolto oltre il 62% della materia prima nazionale, ovvero circa 7,5 milioni di tonnellate di latte. Forte la leadership anche nelle principali Dop casearie, che è pari al 70% nel Parmigiano Reggiano, del 63% nel Grana Padano, del 65% nell’Asiago.
Ma nuove ombre come il taglio ai fondi comunitari di promozione, oltre al sistema di etichettatura a semaforo, minacciano l’accesso ai mercati Ue della produzione made in Italy di latte e formaggi.
«L’Italian sounding si contrasta portando i nostri prodotti all’estero. Ridurre gli investimenti in promozione equivale a soffiare nelle vele del falso. Stimiamo – è l’allarme di Gardini – una crescita tra il 10 e il 15% dell’Italian sounding che rischia di toccare i 105 miliardi di euro».
L’altra grande minaccia che incombe su latte e formaggi è «l’etichettatura a semaforo, già adottata da diversi paesi europei. Si tratta – osserva Gardini – di un sistema fuorviante, discriminatorio e incompleto che finisce per escludere paradossalmente dalla dieta gli alimenti più sani e naturali proprio come quelli lattiero caseari».
«La campagna di comunicazione presentata oggi testimonia – aggiunge Giovanni Guarneri, coordinatore del settore lattiero-caseario di Alleanza Cooperative Agroalimentari – quanto il sistema cooperativo creda in un modello di promozione integrata a livello comunitario. In questo contesto sorprende l’orientamento della Commissione europea che negli ultimi anni ha operato una progressiva riduzione della linea di finanziamento destinata ai regimi di qualità. Le Indicazioni Geografiche, di cui il settore lattiero-caseario italiano è leader mondiale (con 56 formaggi Dop e Igp riconosciuti), sono produzioni distintive dell’Ue – conclude Guarneri – in grado di dimostrare in ogni parte del mondo la ricchezza, il legame con il territorio, la sicurezza, la qualità, l’eccellenza di tutte le produzioni agroalimentari dell’Unione. Continuare a destinare poche risorse finanziarie alla promozione dei regimi di qualità significa ridimensionare la portata del riconoscimento internazionale delle Ig. Il rischio è lasciare campo a imitazioni, evocazioni e alla svalorizzazione delle Ig nei canali distributivi internazionali».
A taroccare il cibo italiano – evidenzia la Coldiretti che sottolinea anche il record di export di formaggi (+7,5% nel primo quadrimestre) – sono soprattutto i Paesi emergenti o i più ricchi dalla Cina all Australia, dal Sud America agli Stati Uniti. Negli Usa il 99% – secondo l’analisi Coldiretti – dei formaggi di tipo italiano sono “tarocchi” nonostante il nome richiami esplicitamente le specialità casearie più note del Belpaese, dalla Mozzarella alla Ricotta, dal Provolone all'Asiago, dal Pecorino Romano al Grana Padano, fino al Gorgonzola. Su questo mercato «si è buttata anche la Russia dove l'embargo ai prodotti italiani per il braccio di ferro con l'Unione europea ha favorito la nascita e la proliferazione di brutte copie russe del Made in Italy».
Fra le brutte copie dei prodotti caseari nazionali nel mondo, in cima alla classifica c'è la mozzarella, seguita dal “Parmesan”, dal provolone, dalla ricotta e dal Romano realizzato però senza latte di pecora. La pretesa di chiamare con lo stesso nome prodotti profondamente diversi è – continua la Coldiretti – inaccettabile e rappresenta un inganno per i consumatori ed una concorrenza sleale nei confronti degli imprenditori.
«L'Italia può ripartire dai punti di forza con l'agroalimentare che ha dimostrato resilienza di fronte la crisi e può svolgere un ruolo di traino per l'intera economia», afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che «per sostenere il trend di crescita dell'enogastronomia Made in Italy serve anche agire sui ritardi strutturali dell'Italia e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese, ma anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo». «Il Recovery Plan – conclude –Prandini – rappresenta dunque una occasione unica da non perdere per superare i ritardi accumulati e aumentare la competitività delle imprese sui mercati interno ed estero».
Emiliano Sgambato
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