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Mps, Popolare Vicenza, Veneto Banca e quella fuga dei depositi per 65 miliardi

di Fabio Pavesi

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12 febbraio 2017
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4' di lettura

C’è un indicatore assai empirico, ma pressochè infallibile a decretare lo stato di salute di una banca e la percezione che ne ha il mercato e i suoi clienti. L’indicatore è il flusso di raccolta di denaro dell’istituto. Conti correnti in primo luogo ma anche conti di deposito, vincolati o meno. Se la banca comincia ad avvitarsi su se stessa cumulando perdite negli anni, ecco che quell’indicatore della raccolta comincerà a traballare volgendo verso il basso. È la fuga dei clienti, il cosiddetto banking run, la corsa allo sportello a ritirare i propri soldi.

È il termometro sensibilissimo della fiducia (crollata) nel proprio istituto di credito. La fuga allo sportello c’è stata eccome tra le banche malate del Paese. Basti il caso eclatante del Montedei Paschi a simboleggiare quella lunga agonia nei conti della banca senese accompagnata dalla poderosa fuoriuscita di denaro dei suoi clienti dai forzieri della banca.

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Solo nel 2016 dagli sportelli della banca toscana, prossima ormai alla nazionalizzazione dopo il tentativo andato vuoto dell’ennesimo aumento di capitale sul mercato, sono usciti oltre 14 miliardi di euro.

La grande fuga da Siena
La raccolta diretta di Siena valeva 119 miliardi a fine 2015, un anno dopo è scesa a 104, 6 miliardi. C’è di che stupirsi di tale emorragia? Vista la situazione agonica (e non da ieri) di Mps il dato non sorprende affatto. Copione analogo è andato in scena in quel di Vicenza e Montebelluna.

E l’emorragia delle due venete
Le due ex Popolari Venete, salvate dai 2,5 miliardi di iniezione di denaro da parte del Fondo Atlante, hanno visto svuotarsi i depositi della clientela di pari passo con le profonde incertezze sul loro destino.

I dati ufficiali si fermano (non sono quotate) ai bilanci del primo semestre del 2016. I dati di fine anno saranno pubblicati a breve e tutto fa pensare che la fuga avrà visto un’ulteriore scatto in avanti. Già nel giugno scorso però gli effetti del banking run erano più che evidenti.

La Popolare di Vicenza ha visto la raccolta diretta crollare drammaticamente. Il dato di giugno 2016 parla di una raccolta diretta di 20 miliardi a fronte dei 27,6 miliardi di giugno 2015. Per Veneto Banca, sempre nel periodo tra giugno del 2016 e giugno del 2015, sono fuoriusciuti flussi netti per 2,4 miliardi, il 10% del totale. Si vedrà a breve l’onda lunga dell’effetto crisi sui dati di fine anno che non promettono nulla di buono. E in ogni caso il dato che emerge per tutte le banche in pessime condizioni di salute è che la fuga è strutturale. Più le condizioni di crisi perdurano nel tempo, più sono accompagnate da una lenta ma costante emorragia della clientela.

Fa scuola il caso Mps. A ogni perdita e a ogni richiesta di rinnovo della fiducia con annesso aumento di capitale la banca toscana ha visto i clienti allontanarsi sempre più.

Il dato che emerge per tutte le banche in pessime condizioni di salute è che la fuga è strutturale

La fuoriuscita di denaro per Siena dura dal 2010
Dal 2010 infatti la raccolta di denaro presso la clientela è scesa di ben 50 miliardi. Un'ecatombe: oltre un terzo del finanziamento dei clienti è andato perduto. Un numero che non ha eguali tra le altre big bancarie del Paese. E in fondo quella fuga dalla banca più antica del mondo è più che giustificata dai morsi di una crisi mai risolta e che ha visto invece intensificarsi la sua drammaticità.

Il monte delle sofferenze e dei crediti malati è andato crescendo senza sosta fino a valere oltre il 30% del portafoglio. Un valore che ha assegnato in tutti questi anni il triste primato di banca più rischiosa del Paese. Quel cumulo di crediti malati hanno significato incamerare perdite per la loro svalutazione per ben 17 miliardi dal 2010 al 2015. Perdite colossali che hanno vanificato ogni nuova immissione di capitale nella banca. Gli 8 miliardi di aumenti di capitale del 2104 e del 2015 sono stati completamente mangiati solo dalle svalutazioni delle sofferenze e degli incagli. E ora la nuova perdita di fine 2016 per 3,4 miliardi ha visto la fuoriuscita di oltre 14 miliardi di conti e depositi.

Il copione si replica per le due Venete
Nel 2013 all’alba delle prime avvisaglie della drammaticità dei conti che verranno scoperchiati pesantemente tra il 2014 e il 2015 la Popolare di Vicenza aveva una raccolta diretta da 31,6 miliardi. In soli due anni e mezzo di crisi aperta sono usciti ben 11 miliardi. Oltre un terzo delle risorse della clientela hanno preso altre strade. Conti chiusi, si passa ad altre banche. Veneto Banca vantava, a fine 2013, 26 miliardi di raccolta dalla clientela, ridottasi a giugno dello scorso anno a 22 miliardi. Un sesto dei conti e dei depositi sono stati chiusi.

Le tre banche, quindi, hanno visto nel lungo periodo della loro drammatica crisi una fuga di clientela per un controvalore di 65 miliardi. Soldi che sono stati ritirati e che non sono finiti sotto il materasso. Sono semplicemente finiti nei forzieri delle altre banche italiane ritenute più affidabili, come mostra il tasso di incremento della raccolta diretta del sistema bancario italiano. Ne hanno approfittato banche sane. Solo per dare un’idea, IntesaSanpaolo, la banca più solida italiana tra i big, ha visto affluire sui suoi conti oltre 20 miliardi di nuova raccolta negli ultimi 3 anni. Mors tua, vita mea si potrebbe dire.

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