di Fernando Rennis
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John Clare era uno dei poeti più in voga nell'Inghilterra dei primi dell'Ottocento, il suo libro Poems Descriptive of Rural Life and Scenery vendeva persino più di William Wordsworth e John Keats. Purtroppo, però, la sua fama venne offuscata dal suo stato mentale, che lo avrebbe costretto a vivere più di venti anni della sua vita in manicomio. Uno dei temi più cari per Clare è la transitorietà della storia, un concetto tremendamente attuale nell'ultimo anno e mezzo. Sarà anche per questo motivo che il secondo album solista di Damon Albarn prende in prestito il suo titolo da un componimento del poeta inglese: The Nearer the Fountain, More Pure the Stream Flows.
La mente dietro i Blur – gli eroi della Cool Britannia – e la cartoon band Gorillaz; il catalizzatore del progetto Africa Express e del gruppo The Bad, The Good and The Queen – con mostri sacri del calibro di Paul Simonon, Simon Tong e del compianto Tony Allen – si è rimessa in moto durante il lockdown.
Albarn ha scritto così undici brani che scavano dentro la sua anima e, allo stesso tempo, incrociano una condizione che tutti noi abbiamo vissuto negli ultimi ventuno mesi. Inizialmente pensato come un lavoro orchestrale ispirato ai paesaggi islandesi, The Nearer the Fountain, More Pure the Stream Flows scandaglia temi universali come la fragilità, la perdita e la (ri)nascita.
Sontuose orchestrazioni e un pop minimalista sorreggono la voce di Damon Albarn, mai così intensa e in cerca di un afflato di luce. Lo si percepisce nei frattali di The Cormorant e nel caos organizzato di Combustion. Polaris immerge l'ascoltatore in un liquido amniotico sperimentale fatto di speranza, la conclusiva Particles è pura poesia. Nel mezzo meditazioni esistenziali su quello che lo stesso artista britannico definisce il «carosello della mia vita», lo spettacolo della natura che trasforma la pioggia in nevischio e fiducia in tempi migliori perché, citando Clare: «L'anno ha il suo inverno così come il suo maggio». Un equilibrio in cui tristezza e felicità, tragedia e commedia, buio e luminosità si rincorrono; un labirinto di emozioni che hanno sviluppi imprevedibili e per questo possono anche fare paura.Quando Albarn pubblicò il suo primo album solista, Everyday Robots nel 2014, era un quarantenne che faceva i conti con il proprio passato, a margine di una riflessione sul rapporto tra l'umano e la tecnologia che ha cambiato per sempre i rapporti interpersonali. The Nearer the Fountain, More Pure the Stream Flows è uno dei dischi che racconta la pandemia senza farne menzione, prediligendo un escapismo che usa il panorama islandese come ispirazione e metafora della condizione umana. A tutto questo si aggiunge lo spessore artistico di uno dei talenti più poliedrici che la musica leggera abbia mai avuto. In questo album, come scrisse Thornton sulla prosa di Clare, «vediamo riflessa lì in nitida chiarezza l’essenza stessa di un periodo, un luogo, una lingua, una cultura e un tempo».
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