di Giorgio dell'Orefice
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«Non ricordo una Pasqua nella quale si siano vendute così poche uova. Non tanto quelle di cioccolata ma quelle di vere». Nelle parole di Stefano Gagliardi, direttore di Assoavi – l’associazione italiana dei produttori di uova – c’è l’inedito momento del settore che sta vivendo un brusco risveglio: dopo il record nella fase del lockdown le vendite a partire dal 2021 e anche all’inizio del 2022 hanno registrato un significativo calo dei consumi.
Un’analisi dell’attuale momento del settore delle uova è stata tracciata nell’ambito della presentazione della prossima edizione di Fieravicola Poultry Forum che si terrà a Rimini dal 4 al 6 maggio prossimi. «La flessione nel 2021 in qualche modo era attesa – aggiunge Gagliardi – perché nel corso del lockdown gli italiani in casa spesso si cimentavano in cucina e quindi in quei mesi abbiamo registrato dati di consumo che erano “drogati” da quella particolare e difficile congiuntura. Ciò che proprio non ci aspettavamo è che questo trend di flessione delle vendite continuasse anche nel 2022. Risultati che in parte sono legati a un minore assorbimento da parte dell’industria alimentare».
«Dopo essere state tra i prodotti “star” nel corso della fase più dura del lockdown – spiega Fabio Del Bravo di Ismea – facendo registrare incrementi delle vendite al dettaglio del 12%, non solo hanno subito un crollo nel 2021 (-10% le vendite in volume), ma hanno confermato questa tendenza negativa anche nel primo trimestre del 2022, nel quale le vendite di uova registrano un ulteriore decremento di oltre il 7% al quale non ha fatto riscontro un incremento dei prezzi di vendita significativo. Infatti, il +2,1% del valore medio di vendita è dovuto in gran parte alla minore pressione promozionale messa in atto dalla distribuzione (-20% i volumi in promozione rispetto al 2021). Le uniche categorie che sembrano aver tenuto meglio le vendite sono le biologiche – circa il 10% del mercato – che, tuttavia, nel 2020, non avevano vissuto gli incrementi di vendita del comparto nel complesso e, soprattutto, quelle da galline allevate all'aperto che però costituiscono una nicchia davvero poco significativa (circa l’1% del totale)».
L’attuale calo dei consumi è preoccupante perché avviene in contemporanea con il rialzo dei costi produttivi dell’agroalimentare made in Italy che, come il settore avicolo, dipendono dalle importazioni per l’alimentazione degli animali. «Il settore avicolo – ha aggiunto Del Bravo – è un’eccezione nel panorama italiano per diversi aspetti. Prima di tutto perché garantisce un alto livello di autoapprovvigionamento che nel caso delle uova è pari a 97% e in un momento di crisi delle catene globali questo fa la differenza. In secondo luogo, perché è una filiera fortemente integrata. Le sue criticità sono sul fronte dei costi delle materie prime. Rispetto all'inizio del 2021 oggi siamo su incrementi dei costi dell’ordine del 38-40%».
Giorgio dell’Orefice
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