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«Il talento creativo nasce da relazioni: il futuro dipende dal gioco di squadra»

di Giampaolo Colletti

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 Secondo Cowen l’intera storia dell’uomo contemporaneo è plasmata grazie a network più piccoli che lavorano insieme: bisogna confrontarsi e mai restare soli

 Secondo Cowen l’intera storia dell’uomo contemporaneo è plasmata grazie a network più piccoli che lavorano insieme: bisogna confrontarsi e mai restare soli

«L’influenza del mentor cresce e la digitalizzazione permette di scalare la conoscenza, ma è cruciale il confronto con l’altro». Parola di Tyler Cowen

31 gennaio 2023
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3' di lettura

«Il talento è un processo creativo che ha bisogno di buoni maestri per essere alimentato. I mentori sono fonti di consigli e ispirazione, figure impegnate a migliorare costantemente le loro azioni e di riflesso quelle della comunità con la quale entrano in contatto. Il loro valore aumenta nell’era digitale: in precedenza il potere di un mentore di solito era limitato alle persone che poteva incontrare nei vari faccia a faccia, ma ora la sua influenza è esponenzialmente maggiore».

Non ha dubbi Tyler Cowen, economista e co-autore del best seller americano tradotto in Italia con “Talento” da Egea, casa editrice dell’Università Bocconi. Al bando i battitori liberi, oggi il futuro del lavoro appartiene a quei fuoriclasse che però sanno giocare in squadra: si tratta di guide che indicano la via da percorrere, talvolta ancora non battuta. Perché per Cowen – professore di economia alla George Mason University, editorialista di Bloomberg e del New York Times, curatore del blog di economia più letto al mondo Marginalrevolution e da poche settimane tra i cento pensatori globali più influenti secondo un sondaggio dell’Economist – per sviluppare al meglio il proprio talento è necessario trovarsi negli ambienti giusti e con le persone giuste.

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Ancora una volta è il contesto in cui si nasce o si cresce a determinare chi sei e cosa fai, ma il talento passa dalla capacità di entrare in relazione con gli altri. Così il capitale umano, prima di quello economico, fa la differenza. «I talenti necessitano della dotazione iniziale alla nascita e di un ambiente favorevole. Michelangelo aveva un senso visivo straordinario, ma lo affinò lavorando prima a Firenze e poi a Roma. Tutto quel talento sarebbe andato sprecato se fosse nato qualche secolo prima. L’ambiente giusto ti dà persone da cui imparare, un senso dell’importanza del tuo lavoro, utili complicità e una rete di alleanze. Non sorprende che il successo sia così raggruppato nel tempo e nello spazio. Ciò vale per Firenze e Venezia rinascimentali, per la musica classica germanica, per la Silicon Valley», precisa Cowen.

Così i talenti non sono solitari, ma si rafforzano insieme agli altri, trasformando le organizzazioni in realtà aperte e plurali. «I campioni veri e anticonformisti sono quelli che sanno giocare in squadra. Non è un caso che Elon Musk abbia iniziato con Reid Hoffman e Peter Thiel a PayPal. O ancora, pensiamo alla portata rivoluzionaria dei Beatles. Ma c’è di più. Oggi è possibile scalare la conoscenza e quindi imparare molto più di prima e in tempi più rapidi grazie alla digitalizzazione. Il mondo ha più possibilità di generare confronto e consapevolezza. La chiave è racchiusa nella gestione del flusso di informazioni: per compiere grandi cose hai bisogno del confronto con l’altro. È la teoria dei piccoli gruppi: l’intera storia dell’uomo contemporaneo è plasmata grazie a network più piccoli che lavorano insieme. Bisogna confrontarsi e mai restare soli».

Nel libro, scritto a quattro mani con il giovane prodigio del venture capital Daniel Gross, Cowen si sofferma sulle persone in grado di trasformare un’organizzazione e rendere migliori coloro che le circondano. Tutto parte dalla loro esperienza di selezionatori. Quali finestre tieni aperte sul tuo browser in questo momento? È questa la domanda preferita per rompere gli schemi e superare filtri e barriere precostituite per conoscere qualcosa di vero del candidato: le abitudini intellettuali e il modo in cui utilizza il tempo libero. «Siamo quello che leggiamo. Qualche decennio fa avrei chiesto qualcosa di più del tipo: “Quali libri chiedi in prestito alla biblioteca pubblica?”. Io abitualmente leggo di economia, tecnologia, storia, scacchi e basket. Le finestre del browser aperte danno un’idea molto chiara di come trascorro il mio tempo. E poi sono convinto che la personalità si riveli nei fine settimana: se stai cercando di assumere uno scrittore, cercane uno che stia affinando la sua arte anche nel week-end», conclude Cowen.

Ancora una volta il lavoro, prima confinato all’orario d’ufficio, si espande e straborda dal proprio perimetro. Si va oltre le etichette di un cartellino da timbrare, riscrivendo il nostro modo di lavorare in questo nuovo tempo liquido.

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