di Marco Mobili e Gianni Trovati
Giorgia Meloni in video a stampa estera: noi siamo democratici
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La Flat Tax generalizzata sui cui Lega e Forza Italia stanno battagliando a colpi di aliquote nel programma fiscale di Fratelli d’Italia, primo partito della coalizione secondo i sondaggi, non c’è, perché l’idea di tassa piatta è limitata ai redditi incrementali. E non c’è nemmeno la «pace fiscale», sostituita da una «tregua fiscale» diversificata secondo la situazione dei contribuenti.
Fdi mira a dare le carte della coalizione (con un voto in più rispetto agli alleati «il nome indicato per Palazzo Chigi è il mio», ha detto Giorgia Meloni). E anche in campo economico punta a distinguersi dai vicini di banco. Nel lessico e nei contenuti, che riscrivono tutto il fisco con un occhio non troppo distratto anche per le coperture.
Quello elaborato dal dipartimento Economia e finanza di FdI coordinato da Maurizio Leo è un «patto fiscale» per cittadini e imprese. Che ripesca anche, aggiornandole, alcune idee del passato recente. Spicca, fra queste, la voluntary del contante, per far emergere i beni nascosti nelle cassette di sicurezza che secondo le stime più recenti superano i 100 miliardi. Per attrarre i contribuenti, l’idea è di applicare le imposte al 50% del contante regolarizzato, sul presupposto che quella quota corrisponda (a forfait) alle annualità ancora accertabili dal fisco. L’ipotesi si era già affacciata a fianco delle vecchie voluntary, ma è stata sempre stoppata da polemiche politiche e dubbi tecnici sulla possibilità di escludere somme frutto di riciclaggio o autoriciclaggio. Sempre sul contante FdI propone di rialzare la soglia a 3mila euro.
Ma «Fratelli d’Italia non vuole condoni», sottolinea a chiare lettere il testo del piano fiscale che Il Sole 24 Ore è in grado di anticipare. Apre però a una «tregua fiscale» per facilitare le regolarizzazioni, con meccanismi differenziati a seconda degli importi e della situazione del contribuente, con il filo rosso della «regola del 5»: l’imposta resta dovuta, ma rateizzabile in 5 anni e con sanzione del 5%.
Le due proposte entrano nel programma dei «primi 100 giorni». Per affrontare l’emergenza, sempre al debutto andrebbe tagliata l’Iva su energia (in parte è già così) e beni di prima necessità, approfondito l’intervento sul cuneo fiscale e introdotte agevolazioni per ridurre la pressione fiscale delle imprese in proporzione a investimenti e assunzioni. Il tutto in vista di una riforma più ampia, che nel dovrebbe condurre a un’Irpef a tre aliquote (23% fino a 15mila euro, 27% fino a 50mila e 43% sopra), al superamento dell’Irap e al riordino delle leggi fiscali in un Codice unico tributario. Tutti questi temi dialogano con la legge delega tentata senza successo dal governo Draghi. Ma al menù FdI aggiunge altri ingredienti, come un concordato preventivo a regime fra partite Iva e fisco. Il Fisco predeterminerebbe i redditi del contribuente per due anni, anche grazie al completamento della precompilata Iva; e l’interessato, aderendo, otterrebbe una semplificazione degli adempimenti e soprattutto un’esenzione su eventuali redditi aggiuntivi.
Sempre nel nome delle ambizioni governative di FdI, però, il piano traccia anche una serie di fonti di copertura. Tra queste, accanto alle classiche tax expenditures e a una spending review più ambiziosa di quella definita dal governo Draghi, si fa spazio anche una web tax più ampia di quella tentata finora e il «superamento del reddito di cittadinanza», che andrebbe mantenuto solo nelle situazioni di «reale indigenza» individuata dai Comuni e sottoposta a verifiche della Gdf.
Marco Mobili
Vice caporedattore
Gianni Trovati
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