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Calcio, mina fiscale da 1 miliardo sul campionato di Serie A

di Marco Bellinazzo

Dazn, come funziona il nuovo profilo “premium”

A pesare sulla capacità finanziaria dei club pesano anche il costo dei cartellini e il nodo delle imposte “sospese”

13 agosto 2022
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3' di lettura

La buona notizia per la Serie A, ripartita ieri, è il ritorno della passione popolare con i record di abbonamenti registrati in moltissime piazze dopo il complicato biennio della pandemia.

Stadi pieni, tifo acceso e un torneo dall’esito nient’affatto scontato (a differenza di altri paesi, come Francia e Germania) aumenteranno lo spettacolo che i 20 club del massimo campionato tricolore si apprestano ad offrire ad oltre 200 paesi. La Lega ha infatti venduto direttamente (negli Usa e nell’area Mena) o tramite Infront, detentore dei diritti media per l’estero, i match della Serie A a 73 broadcaster multicanale (12 nuovi) per un’audience potenziale di oltre un miliardo di telespettatori.

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Per l’area Medio Oriente e Nord Africa, la più redditizia fino al triennio 2018/21 (l’emittente del Qatar beIN Sports assicurava una cifra pari a 112 milioni di euro all’anno), è stato sottoscritto lo scorso luglio un accordo con la compagnia emiratina Abu Dhabi Media che vale 80 milioni di dollari complessivi, garantiti per il triennio 2022-2025, più possibili bonus legati all’allargamento del bacino d’utenza. Nel triennio 2021/24, dunque, la Serie A ha perso da questa regione proventi per oltre 250 milioni.

Riforme necessarie

Non una buona notizia, questa, per un movimento calcistico che deve ritrovare slancio e competitività. Senza riforme, investimenti in infrastrutture sportive e tecnologiche che solo poche società hanno avuto fin qui la forza di affrontare, sarà difficilissimo risalire la china e rimontare Liga spagnola e Bundesliga che nella stagione 2021/22 hanno avuto un giro d'affari, rispettivamente, di 3,5 e 3,1 miliardi (contro i circa 2,5 della Serie A, senza considerare le plusvalenze da calciomercato). La Premier League che viaggia oltre i 6 miliardi annui ormai fa storia a sé.

Una spinta al rinnovamento potrebbe venire dalle nuove proprietà straniere. Su 20 squadre la Serie A 2022/23 ne annovera già sette (Inter, Milan, Roma, Bologna, Fiorentina, Atalanta e Spezia). Ma in corsa se ne potrebbero aggiungere altre, considerando le trattative avviate a Genova, sponda Sampdoria, Udine, Verona per il trasferimento dei club in mani straniere. Nel recente passato l’interesse dei fondi di investimento Usa è stato espresso, peraltro, anche nei confronti di altre realtà come il Napoli.

Per ora, tuttavia, l’afflato riformista delle proprietà straniere è stato imbrigliato dai rituali assembleari e dalle pastoie burocratiche del sistema Italia.

Per la Figc e la Lega, in ogni caso, aiutare i club a ritrovare l’equilibrio economico e patrimoniale, riducendo i costi, ma più che altro aumentando le entrate, per non depauperare troppo il valore tecnico delle rose, è quanto mai cruciale.

Il biennio della pandemia, infatti, ha aggravato lo stato di salute della Serie A che tra il 2019 e il 2021 ha subito perdite superiori a 1,8 miliardi e si trova a dover fronteggiare un indebitamento lordo che viaggia verso i 5 miliardi.

La posizione finanziaria netta, nella fotografia scattata dal Report Calcio 2022 della Figc per il biennio 2019/21, è negativa per soli 1,2 miliardi. Un dato peggiorato poco, solo grazie al fatto che nello stesso periodo sono state eseguite ricapitalizzazioni per oltre 2,2 miliardi (includendo anche quella della Juventus da 400 milioni) e che diversi club hanno sfruttato la chance di rivalutare i beni aziendali con un’aliquota ridotta, con un impatto positivo sui bilanci nell’immediato di circa 800 milioni.

Il costo dei cartellini

A pesare sulla capacità finanziaria dei club pesano altri due fattori di sostanziale “indebitamento”. Il primo è legato al costo dei cartellini. Tra la stagione 2018/19 e la stagione 2020/21, infatti, gli ammortamenti sono aumentati del 25% salendo a quota 1,1 miliardi, nonostante la facoltà di sospensione di una parte degli stessi concessa a partire dal Decreto Agosto del 2020.

Le imposte “sospese”

Il secondo fattore, una vera mina che la Figc e le Leghe professionistiche si augurano di sminare grazie all’aiuto del nuovo Governo post elettorale, è quello delle imposte “sospese”.

Con diversi interventi legislativi, in effetti, i versamenti delle ritenute Irpef sugli stipendi, i contributi previdenziali e l’Iva sono stati sospesi da gennaio a novembre 2022 e, secondo le attuali norme, andranno saldati tutti il prossimo 16 dicembre. Un incubo per le società di calcio professionistico che, tranne pochissime eccezioni, si sono avvalse di questa possibilità. Le somme che si sono accumulate non sono esigue: nel 2019, la Serie A ha pagato quasi un miliardo tra ritenute Irpef (700 milioni), Iva (170 milioni di Iva) e contributi previdenziali (più di 120 milioni). Senza una correzione in corsa molti club rischiano di finire in guai seri.

Queste zavorre spiegano la prudenza con cui i club italiani si sono mossi in queste settimane sul calciomercato, evitando spese folli e puntando a ridurre una massa salariale che nel biennio 2019/21 della pandemia è aumentata da 1,7 a 1,8 miliardi, con un trend di crescita proseguito nella stagione appena conclusa.

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