di Valentina Saini
II team di Yore, vincitrice del primo premio alla Trentino Startup Valley, guidata da Elisa Moretti
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In Italia le donne che decidono di fondare una startup sono in aumento. Lo dicono i numeri: in base alle elaborazioni di InfoCamere per l’Osservatorio sull’imprenditorialità femminile di Unioncamere, a fine settembre 2022 le startup innovative femminili erano 2mila, 572 in più rispetto a fine settembre 2019. Rappresentano il 13,6% del totale, e nel 70% dei casi operano nei servizi alle imprese, mentre poco più del 15% di queste aziende opera nel manifatturiero.
La strada per le startup al femminile rimane comunque più impervia di quella per le realtà guidate da uomini: un dato interessante viene dagli Stati Uniti, dove l’anno scorso le startup con team composti solo da donne hanno ricevuto appena il 2% dei 238 miliardi di dollari di venture capital. Ma basta fare un giro a una gara tra startup o a un evento di pitch per vedere sempre più donne startupper.
Un esempio è il Validation Day della Trentino Startup Valley, iniziativa di Trentino Sviluppo e HIT, tenutosi il 1° febbraio a Rovereto, cittadina di neanche 40mila abitanti che grazie al Polo Meccatronica, al Progetto Manifattura, al Mart e all’Università di Trento, è un polo creativo e dinamico. Delle sette aziende innovative presenti, al termine di un lungo percorso formativo, ben quattro erano guidate da una donna.
Fra queste BaolFly: la ceo, Elena Marcolla, è una trentina con laurea in Scienze e tecnologie agrarie a Padova. Fondata l’anno scorso nel giorno della Festa della donna, ricorda Marcolla con un sorriso, BaolFly si occupa di un tema caldo: l’allevamento di insetti, fonte sostenibile di proteine per il settore zootecnico.
«Ho sempre aspirato a un progetto tutto mio, che contribuisse a risolvere dei problemi concreti» dice Marcolla. «Pensando alla crisi climatica, al problema dei rifiuti e alla scarsa sostenibilità delle attuali fonti proteiche utilizzate nel settore dell'allevamento, è emersa l’idea di allevare insetti, in particolare la mosca soldato nera».
Nutrire pesci, polli e maiali con larve di insetto è una buona mossa sotto vari punti di vista. Costituisce una valida alternativa alla soia, soggetta a continue fluttuazioni di prezzo. Inoltre le larve sono un alimento naturale per questo tipo di animali, e secondo vari studi giovano al loro benessere.
«Ho iniziato con un impianto pilota, un container in un mio garage» spiega Marcolla. «Verso metà marzo dovrebbe essere pronto il capannone di circa 120 metri quadri che mi consentirà un output più adeguato. Prevedo un fatturato di circa 70mila euro per quest’anno». Le larve di mosca soldato nero interessano a chi produce mangimistica per pesci, suini e pollame, così come agli allevatori, specie del NordEst.
Altra startup a guida e maggioranza femminile presente al Validation Day è ONEBra, che realizza coppe personalizzate, stampate in 3D, da inserire in reggiseni pensati per donne con asimmetrie dei seni, principalmente a causa di un intervento di mastectomia. La ceo e fondatrice, Sofia Santi, ha un dottorato in Ingegneria dei materiali. Coordina l’attività scientifica e, insieme alla collega Silvia Chiera, anche lei con un PhD in ingegneria dei materiali, si occupa della produzione delle coppe.
La genesi di ONEBra è collegata a una vicenda personale. «Quando mia mamma ha subito una mastectomia ho scoperto un problema molto reale e piuttosto diffuso» racconta Santi. Ora la startup sta validando il prodotto e sviluppando la app che «consente alla donna di effettuare la scansione del proprio seno. Noi riceviamo la scansione, elaboriamo il file e produciamo la coppa. Usiamo il poliuretano termoplastico adattato per il contatto con la pelle, morbido e traspirante». Il costo della coppa è di circa 80 euro, 118 con il reggiseno da associare, realizzato da un’azienda di Carpi. L’orizzonte per ora è B2C, ma si valuta anche il B2B.
Anche Yore, la startup vincitrice del primo premio alla Trentino Startup Valley, è guidata da una donna, la riminese Elisa Moretti, al quinto anno di Biotecnologie all’università di Trento. «Tutto è cominciato circa due anni fa, quando mi sono iscritta alla School of Innovation dell’Università di Trento» spiega. «Mi è stato chiesto di pensare a delle idee in ambito biotecnologico che potessero diventare un business. Io ho sempre avuto il desiderio di tatuarmi, ma l’idea di avere un disegno permanente sul corpo mi generava un po’ d’ansia, così ho deciso di cercare una soluzione veramente efficace per rimuovere i tatuaggi».
Moretti è figlia d’arte: suo padre ha un negozio, sua madre un’azienda di cosmetici bio ed ecosostenibili. «Il fatto che mia madre abbia un’azienda di cosmesi mi ha aiutato molto nello sviluppo del progetto» afferma. Considerando che oltre un italiano su dieci ha un tatuaggio, il business ha un potenziale significativo.
Per la rimozione dei tatuaggi Moretti e il suo team puntano a un cerotto nel quale inserire un principio attivo ad hoc. «Stiamo collaborando con i laboratori dell’Università di Trento e ci saranno ulteriori fasi di ricerca per validare l’efficacia e la sicurezza del principio attivo. Vogliamo vendere il cerotto in primo luogo ai tatuatori, perché spesso le persone si rivolgono a loro quando vogliono rimuovere un tatuaggio». La strada è ancora lunga, sottolinea Moretti, ma l’idea è arrivare sul mercato tra la seconda metà del 2024 e l’inizio del 2025.
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