Mondo
Pubblicità

Mondo

Microsoft finanzierà case popolari per i nuovi poveri di Seattle

di Valsania Marco

Immagine non disponibile
(AP)

(AP)

20 gennaio 2019
Pubblicità

4' di lettura

NEW YORK - Lo sviluppo a dismisura dei nuovi colossi tecnologici ha destato innumerevoli polemiche e preoccupazioni. Dall'emergere di nuovi monopoli, di Standard Oil del “carburante” digitale che nel 21esimio Secolo fa girare tanta economia. Alla nascita di Grandi Fratelli capaci di manipolare l'informazione e invadere la privacy e i dati personali. Fino all'accusa di essere moltiplicatori delle diseguaglianze, tra “have” e “have not” della tecnologia, tra ingegneri, executive superpagati e investitori ultra-remunerati da una parte e eserciti di manodopera usa e getta dall'altra.

Ma adesso si aggiunge un altro spettro in questo futuro distopico nel segno dell'hi-tech: quello di profonde ferite provocate nello stesso tessuto sociale e urbano dove i nuovi leader della Corporate America e della Borsa operano. Un'onda lunga del modello-India, con campus-fortezze digitali circondate in realtà da ghetti, con tanto di eserciti di senza tetto o derelitti - o anche solo da ceti medi sempre più impoveriti dal “digital divide” e dalla sperequazione rampante. E se un simile orizzonte appare ancora lontano, i sintomi e le paure del malessere aumentano nelle città-capitale della rivoluzione tech, da Seattle e San Francisco fino a New York.

Pubblicità

È una sfida ormai all'ordine del giorno e che sta portando ai primi interventi diretti da parte delle stesse società hi-tech per correggere gli eccessi, in particolare in assenza di sforzi pubblici e anzitutto federali da anni in declino e ancor meno presenti sotto un'amministrazione, quella di Donald Trump, il cui populismo non fa rima con popolo quando si tratta di spesa sociale. Questa nuova coscienza dei protagonisti della new economy si alterna ancora a resistenze e fallimenti e alle iniziative promettenti si contrappongono boicottaggi di azioni che potrebbero ferire la “bottom line”, i profitti dei grandi gruppi.

Qualcosa però si muove. L'ultimo e più significativo esempio di iniziativa è arrivato da Microsoft e dal suo amministratore delegato Satya Nadella. Nei giorni scorsi l'azienda ha annunciato l'investimento di ben mezzo miliardo di dollari per affrontare direttamente la crisi dei costi (troppi) e delle disponibilità abitative (troppo poche) nell'area di Seattle, dove ha il suo quartier generale (nel sobborgo di Redmond).

LA STORIA / L’uomo che ha guadagnato 7 miliardi con un videogioco

Dipendenti federali al banco dei pegni per lo shutdown
È un progetto che finanzierà vere e proprie nuove case popolari, “low income housing” da destinare a famiglie di ceti medi e medio bassi. E la definizione di ceto medio, in America come altrove, comprende sempre più vaste fasce di meno abbienti, considerando che i dipendenti federali senza paga per lo shutdown del governo oggi hanno risorse e risparmi così irrisori da essere costretti a ricorrere a banchi dei pegni e buoni pasto per sopperire al ritardo anche di un solo stipendio mensile.

Amazon contraria a imposta per finanziare le case popolari
L'atteggiamento stesso assunto da Microsoft porta tuttavia alla luce quanta strada resta da fare. Altre aziende si sono mosse in direzioni simili: Salesforce e il suo chief executive Marc Benioff hanno sostenuto ad esempio una proposta poi approvata a San Francisco per una tassa che serva a sostenere l'assistenza ai senzatetto. Twitter e il suo Ceo Jack Dorsey si sono però continuati a dichiarare contrari all'idea. E la mossa di Nadella a Seattle offre un drammatico contrasto con Amazon e il suo leader Jeff Bezos, altro grande e storico “inquilino” della città: il gigante di e-commerce e Internet si è distinto per una campagna di opposizione a piani per un'imposta locale sulle grandi imprese volta a finanziare abitazioni meno care oltre a migliori servizi per i più disagiati. La campagna di Amazon ebbe successo e quel balzello si è arenato.

FOCUS / Bezos, il divorzio rischia di costargli metà del patrimonio

Microsoft non prese posizione in quella battaglia ma, alla sua conclusione, avviò una ricerca per identificare proprie iniziative, ora culminata nell'annuncio dei 500 milioni di investimento per il bene collettivo. A onore di Bezos, va aggiunto, Amazon è coinvolta in almeno una iniziativa con impatto sociale: Challenge Seattle, nata dalla collaborazione della stessa Microsoft con marchi non-tech con radici nella città quali Cotsco e Alaska Airlines, la quale ha per obiettivo il supporto dell'economia locale.

I soldi stanziati da Microsoft verranno distribuiti sia attraverso una rete di prestiti a basso costo mirati specificamente allo sviluppo che con un sistema di “grants”, di prestiti a fondo perduto destinati agli sforzi per combattere il fenomeno dei senza tetto con assistenza legale, finanziaria e una rafforzata attività di assistenti sociali. Microsoft ha varato oltretutto una partnership con il sito immobiliare Zillow per analizzare accuratamente dati e necessità abitative e meglio dirigere in questo modo i suoi sforzi.

A Seattle prezzi delle case raddoppiati
La scelta di Microsoft si affianca alla mobilitazione di diversi sindaci della municipalità della regione che hanno promesso di tagliare ostacoli burocratici all'approvazione di progetti per la costruzione di quartieri per i meno abbienti. Alla radice dell'emergenza e dell'urgenza di intervenire, da parte di privati e autorità pubbliche, ci sono verità oggettive diventate sempre più evidenti: i prezzi delle abitazioni a Seattle e dintorni sono raddoppiati nel giro di otto anni come effetto della concentrazione del tech - una prospettiva che ora preoccupa anche New York, dove Amazon ha annunciato l'arrivo di metà del suo secondo quartier generale. E che inchioda le regine della new economy a nuove responsabilita' al cospetto della collettivita'.

Riproduzione riservata ©
Pubblicità
Visualizza su ilsole24ore.com

P.I. 00777910159   Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie  Privacy policy