di Silvia Pieraccini
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Nell'anno 2020 segnato dalla pandemia, una delle cose più difficili per un’azienda di moda alle prese con la necessità di adeguare l’attività alle norme anti-Covid, di ridurre i costi, di tutelare dipendenti e fornitori, è stata quella di guardare allo sviluppo cercando di catturare nuova clientela.
Roy Roger’s, storico marchio di denim da tempo evoluto in total look, lo ha fatto acquisendo un piccolo brand emergente, il veneto Amish, anch’esso focalizzato sul denim ma con un taglio più streetwear, che ha un target giovane ed è distribuito in Italia in negozi di fascia alta. La scommessa della famiglia Bacci-Biondi, proprietaria della Manifatture 7 Bell di Campi Bisenzio (Firenze) che controlla Roy Roger’s, è che un brand come Amish avrebbe potuto “ripagarsi” in pochi mesi, proprio grazie alle potenzialità di crescita. E i primi risultati le danno ragione: le vendite dell’autunno-inverno 2021-2022 (la terza stagione di vita del marchio) hanno toccato quota 700mila euro, contro i 250mila euro della precedente collezione invernale. La primavera-estate 2021, invece, ha raggiunto 400mila euro. «Quest’anno il brand Amish toccherà 1,1 milioni di fatturato ma nel giro di due-tre anni pensiamo che possa arrivare a 5 milioni», prevede Niccolò Biondi, amministratore delegato di Manifatture 7 Bell, definendolo un brand “complementare” a quelli in portafoglio (Roy Roger’s e President).
Spinto proprio da Amish, e dalla ripresa avviata nei primi mesi del 2021, il gruppo fiorentino prevede di chiudere l’anno con una crescita dell’8-12% sul 2019 (che, depurato delle operazioni straordinarie, si era attestato vicino a 19 milioni di fatturato), anche se le previsioni sono difficili da fare perché le variabili legate al Covid sono ancora molte. In ogni caso l’obiettivo è di superare i livelli pre-Covid.
«Il 2020 è stato un anno di contrazione per tutti – sottolinea Biondi – noi abbiamo contenuto la riduzione del fatturato al -19% grazie al rimbalzo di vendite avvenuto nei mesi estivi, e siamo riusciti a chiudere il bilancio in pareggio per effetto della forte riduzione dei costi operata (-30% quelli fissi)». Lo stile casualwear di Roy Roger’s ha retto meglio rispetto alle collezioni formali di altri marchi.
Niccolò Biondi
Oggi il mercato di riferimento è quello italiano, e per sviluppare l’estero la nuova strategia di Roy Roger’s e Amish punterà su showroom specializzati in Paesi-target europei. In Italia invece la distribuzione resta affidata a 800 multimarca e una decina di monomarca per Roy Roger’s, gestiti da Gallery Holding, situati a Firenze, Bologna, Forte dei Marmi, Arese-centro commerciale e, di prossima apertura, a Padova, più quelli negli outlet. In crescita è l’ecommerce che quest’anno triplicherà i ricavi 2019 e acquisirà un peso di circa l’8% sulle vendite.
Nell’ottica di allargare l’offerta Roy Roger’s ha lanciato anche una linea beauty chiamata “1952” (l’anno di nascita dell’azienda, una delle prime di denim in Italia) formata da crema corpo, gel mani, eau de toilette, olio profumato, diffusore per ambienti, candele profumate e acqua aromatizzata, che per adesso sarà in vendita negli stessi canali delle collezioni moda, e ha avviato una collaborazione con il brand fiorentino SuperDuper Hats per i cappelli.
Infine il capitolo Pitti Uomo, salone previsto alla Fortezza da Basso di Firenze dal 30 giugno al 2 luglio, che vedrà una presenza irrituale di Roy Roger’s: uno stand ibrido, con pannelli luminosi e una video-presentazione della collezione, ma senza i rappresentanti dell’azienda. «In quel periodo saremo in piena campagna vendite – conclude Niccolò Biondi - e gli showroom staranno lavorando al massimo: non posso rischiare di infettare mezzo ufficio commerciale mandandolo alla fiera».
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