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Caro prezzi, salari e contratti: dopo Pasqua il tavolo governo-parti sociali. Cosa c’è da sapere

di Andrea Carli

Inflazione, 3 italiani su 4 preoccupati per il bilancio familiare

Il ministro del Lavoro Orlando h avviato un giro di consultazioni informali, incontrando Cgil, Cisl e Uil e Confindustria

12 aprile 2022
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4' di lettura

Un confronto sui contratti e sui salari nel contesto di un’inflazione che a marzo è salita al 6,7%. I rincari dall’energia agli alimentari alleggeriscono il potere d’acquisto di buste paga e pensioni. Dopo Pasqua Governo e parti sociali saranno seduti allo stesso tavolo, a Palazzo Chigi, per l’incontro già preannunciato dal premier Mario Draghi, quando la scorsa settimana ha proposto un patto per affrontare i mesi complicati che il Paese ha davanti. Il 14° Report periodico dei contratti collettivi vigenti del Cnel ha segnalato che nel 2022 andranno a scadere 122 contratti collettivi nazionali di lavoro. Dei 992 contratti vigenti al 31 dicembre, 622 risultano scaduti (in base alla data di scadenza riportata nel testo), mentre i restanti 370 (37,3%) risultano ancora in corso di validità.

I sindacati: rivedere il parametro alla base del rinnovo dei contratti nazionali

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La partita non è semplice. Alla luce della corsa dell’inflazione, i sindacati già da febbraio sono scesi in campo sostenendo che, nel confronto con Confindustria e le altre associazioni datoriali, andrebbe rivisto il parametro attualmente alla base nel rinnovo dei contratti nazionali. Si tratta dell’Ipca (l’indice dei prezzi al consumo armonizzato a livello europeo) depurato dai prezzi energetici, che oggi invece sono quelli più in salita e che spingono in alto il livello generale dell’inflazione. Secondo Cgil, Cisl e Uil, mantenere questo parametro così significa non far crescere ma ridurre il valore reale dei salari. A marzo, l’indice nazionale dei prezzi al consumo al netto dell’energia è salito su base annua del 2,5%, mentre l’indice generale è cresciuto del 6,7%. Un’altra via per sostenere le buste paga potrebbe essere quella di agire sulla leva fiscale prevedendo la detassazione degli aumenti contrattuali, come avviene per la contrattazione di secondo livello con i premi di produttività e per il welfare.

Le aziende: tagliare il cuneo fiscale-contributivo

Le imprese lanciano l’allarme sulla tenuta, tra i rincari dell’energia e delle materie prime. «Lo shock energetico e il caro prezzi delle materie prime stanno mettendo seriamente a rischio la tenuta e la capacità di produzione», ha messo in evidenza il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi.Gli imprenditori chiedono al governo di ridurre subito il cuneo fiscale-contributivo e di spingere la produttività, leve fondamentali per far crescere i salari e sostenere le aziende (si veda anche Il Sole 24 Ore del 12 aprile). In un’intervista al Corriere della Sera Bonomi ha sottolineato che per dare più soldi ai lavoratori «la strada è il taglio dei contributi che finora non si è voluto fare. Abbiamo 900 miliardi di spesa pubblica ogni anno - ha aggiunto -. Abbiamo abbandonato la spending review, ma non riesco a credere che non si riesca ad avviare un lavoro che ne recuperi almeno 16».

Orlando vede i sindacati su contratti e salario minimo

La discussione si intreccia con l’altra questione aperta sul tavolo che è quella di fronteggiare la precarietà e i contratti cosiddetti “pirata”, sottoscritti da sigle poco rappresentative, che portano all’ingiù le retribuzioni facendo dumping. Il punto, come sostenuto più volte dal ministro del Lavoro Andrea Orlando - che martedì 12 aprile ha avviato un giro di consultazioni informali, incontrando i sindacati e Confindustria per avviare la discussione sul fronte contrattuale e per avviarla sui temi del salario minimo e della rappresentanza, in vista della prossima settimana - è la possibilità di tenere insieme contrattazione e salario minimo. I sindacati sono infatti contrari alla definizione di un salario minimo per legge: il riferimento, a loro avviso, è dato dai minimi contrattuali (da estendere anche a chi non ha contrattazione collettiva).

Stirpe (Confindustria): aumento salari senza produttività non è la via

«Esiste un problema, ma pensare all’aumento del potere d’acquisto con l’aumento dei salari è una strada sbagliata. In questo momento non ci sono margini», ha spiegato il vicepresidente di Confindustria, Maurizio Stirpe, arrivando al ministero del Lavoro per l’incontro con Orlando. Il governo «se pensa che i rincari energetici siano congiunturali intervenga ancora con i ristori, altrimenti intervenga sulla riduzione del cuneo fiscale. Crescita del costo del lavoro senza crescita della produttività non è sostenibile. Siamo in un momento molto difficile», ha rimarcato. Sul tema del salario minimo, «i nostri contratti vanno ben al di sopra dei minimi previsti dalle proposte» di legge, ha aggiunto Stirpe.

Il nodo rappresentanza

C’è poi la questione della rappresentanza e della misurazione del peso di chi stipula i contratti. Criteri che sono stati fissati da accordi interconfederali, il primo tra Cgil Cisl e Uil e Confindustria nel 2011. Che andrebbero applicati ed estesi. Sul come i sindacati non sono sulla stessa linea: la Cgil chiede da tempo una legge sulla rappresentanza, non sostenuta invece da Cisl e Uil, secondo cui la strada da seguire è quella pattizia, della definizione lasciata all’autonomia delle parti sociali. Tra le proposte di legge sul salario minimo c’è quella del M5s, di cui è prima firmataria l’ex ministra del Lavoro Nunzia Catalfo e che è stata adottata come testo base in commissione Lavoro al Senato, che lo fissa a 9 euro l’ora lordi (come trattamento economico minimo).

Letta (Pd): detassare aumenti salari derivanti da rinnovi

Il tema dell’impatto dell’inflazione sul potere di acquisto di famiglie e lavoratori è al centro della dialettica tra le forze politiche di maggioranza. L’ultimo a intervenire sulla questione è stato il segretario del Pd Enrico Letta. «Il caro energia e questione salariale - ha affermato in una intervista all’HuffingtonPost - sono le due priorità. E sulla questione salariale la mia proposta è questa: costruire un meccanismo di detassazione degli aumenti derivanti dai rinnovi contrattuali. Avrebbe un forte impatto sui salari, ma sarebbe anche molto importante per le imprese, perché incentiverebbe i rinnovi e quindi darebbe competitività al sistema». Draghi, da parte sua ha proposto un Patto sociale, che veda Governo e parti sociali insieme di fronte ad una situazione quantomai difficile, tenendo aperto un confronto costante.

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