di Barbara Gobbi
Spesa sanitaria privata alle stelle: 40 miliardi di euro nel 2017
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La sanità di tasca propria? La pagano, e pagano sempre più caro, fino a 655 euro pro capite, le famiglie con i redditi più bassi. Che nel 2017 hanno sborsato “out of pocket” la cifra stellare di 40 miliardi di euro (+9,6% rispetto al periodo 2013-2017), per acquistare 150 milioni tra cure e prestazioni. Principalmente farmaci, visite specialistiche, cure dentali, analisi di laboratorio e occhiali e protesi. Un trend in ascesa nel tempo: che sfiora un +10% secco tra 2013 e 2017 e che picchia duro sui nuclei fragili. Come le famiglie operaie, dove un'intera tredicesima se va in domanda sanitaria non soddisfatta in ambito Ssn. A tracciare il quadro di una spesa sanitaria privata “fuori controllo” è l'VIII Rapporto Censis-Rbm Assicurazione Salute, presentato oggi a Roma in occasione del Welfare Day 2018.
Banco di prova del nuovo Governo.
Sette milioni di italiani si indebitano per pagare le cure
Il quadro raccontato dall'indagine è drammatico ed è uno dei banchi di prova su cui dovrà confrontarsi il neonato Governo giallo-verde: sette milioni di italiani che si indebitano per pagare cure e servizi sanitari e 2,8 milioni che per farlo vendono casa, mentre 44 milioni sono le persone che hanno speso di tasca propria, per pagare prestazioni sanitarie per intero o con il ticket. Un esborso medio pro capite di 655 euro, che rischia di arrivare a mille euro nel 2025, se non si interverrà al più presto.
Sanità percepita come ingiusta
Inevitabili le ricadute sull'approccio dei cittadini alla sanità: il 54,7% degli italiani pensa che i cittadini non abbiano più a disposizione le stesse opportunità di cura. Mentre cresce il malcontento: «Davanti a una sanità percepita come ingiusta – spiega Francesco Maietta, Area Politiche sociali del Censis – cresce un inedito rancore sanitario, con 13 milioni di persone che vogliono lo stop alla mobilità sanitaria e 21 milioni che vogliono penalizzare nell'accesso al Ssn chi segue stili di vita scorretti, dal fumo all'alcol». Ma il dato più interessante per i futuri decisori politici è che «se i più rancorosi sono gli elettori Cinquestelle e leghisti, queste stesse persone sono anche le più convinte che il Governo del cambiamento riuscirà a migliorare la sanità. Per questo – conclude Maietta – proprio la sanità sarà uno dei test d'esame del nuovo Governo».
Secondo pilastro inevitabile
Il titolo di questo Welfare Day è emblematico, e anticipa la ricetta proposta al neo esecutivo giallo-verde: «La Salute è un diritto. Di tutti». A sintetizzare il modello presentato come salva-redditi e salva-coesione sociale è Marco Vecchietti, amministratore delegato di Rbm Assicurazione Salute: «È ormai indifferibile l'avvio anche in sanità di un Secondo pilastro, su base istituzionale per tutti i cittadini o almeno su base occupazionale, per quanti dichiarano un reddito imponibile – afferma l'Ad-. Attraverso la disponibilità per tutti di una polizza sanitaria o di un Fondo sanitario integrativo, si potrebbe realizzare un affidamento in gestione della spesa sanitaria privata ad un sistema a governance pubblica e a gestione privata. In termini economici, questa impostazione potrebbe consentire di dimezzare la spesa delle famiglie di circa 20 miliardi rispetto ai 40 attuali, abbattendo i costi medi pro capite di tasca propria di quasi 340 euro».
Analoghi sistemi operativi in Francia, Germania e Regno Unito
Sistemi analoghi sono operativi in Francia, Germania e Regno Unito, dove il livello di intermediazione è molto più significativo: in Francia è 3 volte rispetto a quello dell'Italia, in Germania 1,7 volte di più e 1,5 volte maggiore nel Regno Unito. Ma come procedere? «La novità – spiega ancora Vecchietti - sta nel convogliare la spesa sanitaria privata in un sistema strutturato, non lasciando il cittadino solo di fronte alla necessità di aprire il portafoglio nel momento in cui ne ha bisogno». E quali gli strumenti d'elezione? Fondi e polizze sono considerati in buona parte assimilabili: si parte dall'assunto che il fondo sanitario nell'80% dei casi è attuato attraverso una polizza assicurativa di natura collettiva e che quindi garantisca gli stessi meccanismi di assenza di selezione e di risarcimento delle prestazioni che poi regolano i meccanismi collettivi.
Obiettivo: portare a bordo tutti i cittadini
Un Secondo pilastro istituzionale prevede secondo Rbm un supporto di natura fiscale, oggi riservato esclusivamente al lavoro dipendente. «Nel nostro rapporto 2018 – precisa Marco Vecchietti - mostriamo come, attraverso una riorganizzazione dell'attuale sistema delle detrazioni sanitarie, si potrebbe finanziare completamente un sistema di defiscalizzazione in grado di supportare l'adesione di larghe fasce della popolazione a forme di sanità integrativa. Questa è la proposta che consegniamo al nuovo Governo. Sulla base di una serie di considerazioni: che il sistema delle detrazioni pesa per oltre 3 miliardi sulla finanza pubblica, a fronte di un costo del meccanismo attuale della sanità integrativa pari a 1,2 miliardi. Ma soprattutto c'è un tema di natura redistributiva: dai dati Mef emerge che il sistema delle detrazioni sanitarie tende a privilegiare in modo molto più marcato i redditi più alti e le aree del Paese che funzionano meglio. Se invece analizziamo con gli stessi indicatori la sanità integrativa, alla prova dei fatti essa riguarda redditi tendenzialmente medi, e in alcuni casi anche in fasce medio-basse c'è un'adesione significativa attraverso la contrattazione collettiva. È un fenomeno che in realtà redistribuisce tra le diverse classi di reddito in modo molto più equilibrato gli importi rimborsati e al tempo stesso ha, in termini di efficienza - tra costi richiesti allo Stato e supporto messo a disposizione del cittadino - un trade-off assolutamente significativo. La Sanità integrativa insomma - afferma convinto l’ad Rbm Salute - è più conveniente e più equa».
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