di Roberto Da Rin
Giovanni Tria e Huang Yiping
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La globalizzazione, per decenni dogma quasi incontrastato, cade sotto i colpi delle critiche di tutti; persino i più accaniti sostenitori ne hanno perso la fede. Il dibattito si riapre solo tra chi ne decreta una morte cerebrale e chi ipotizza una rifondazione su princìpi profondamente modificati.
All' incontro “Globalization and Chinese economy”, svoltosi il 2 giugno al Festival dell'Economia di Trento, ne hanno parlato Huang Yiping, docente di economia alla National School of development dell'Università di Pechino, e Giovanni Tria, professore onorario all'Università di Roma Tor Vergata ed ex ministro dell'Economia.
L'evento, moderato da Gennaro Sangiuliano, direttore del Tg2, esprime uno scenario sostanzialmente condiviso: Yiping ha definito l'economia cinese “in via di trasformazione”. Il punto più rilevante è «la maggior attenzione a soddisfare la domanda interna di Pechino e poi la consapevolezza di un cambio, un rallentamento dei tassi di crescita che abbiamo conosciuto in passato, a doppia cifra. Avverrà invece un consolidamento di queste posizioni».
Le previsioni relative al 2022 si attestavano a una crescita del Pil vicina al 5,5%. Ora però pochi credono che l'obiettivo verrà raggiunto: Yiping ritiene che nel secondo semestre dell'anno potrebbe esserci un recupero.
«L'inflazione non rappresenta un problema per la Cina, sarà invece la crescita più modesta a imporre una rimodulazione dell'intero funzionamento del sistema economico cinese». Le catene internazionali del valore saranno riscritte, sulla base di nuovi equilibri geopolitici. E comunque, al di là dell'attenzione predominante al mercato interno, la Cina continuerà a esplorare nuove aree. “La “via della seta” rimane un progetto interessante: Asia centrale, certo, ma anche Africa e America Latina. L'attenzione dovrà essere comunque centrata, secondo Tria, al coordinamento delle politiche monetarie tra Stati Uniti, Cina e Unione europea.«Siamo usciti dalla pandemia - aggiunge - con tre punti che bisognava affrontare. Il primo é l’uscita dalle politiche monetarie espansive. Poi la gestione dell’accumulo del debito, sia privato che sovrano, e infine la ricostruzione la catena produttiva globale. Per affrontare questi tempi e per risolverli serve un coordinamento. Infine se dilaga il conflitto potrebbe esserci una chiusura delle aree in blocchi con un forte rallentamento dell’economia globale».
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