di Barbara Fiammeri
Dopo 553 giorni finisce l'era Draghi, inizia campagna elettorale
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Manca esattamente un mese al deposito delle liste elettorali. L’appuntamento è infatti fissato per il 22 agosto. E mai come questa volta sarà un puzzle di difficile composizione. Il combinato disposto tra la riforma del taglio dei parlamentari (passati da 945 a 600) e lo stravolgimento del peso delle singole forze politiche nel corso di questa pazza legislatura è destinato ad arroventare il confronto interno ai partiti e tra alleati.
Al momento l’unica coalizione certa è quella di centrodestra. Il campo largo, che avrebbe dovuto contenere tutto il centrosinistra e suggellare l’alleanza tra Pd e M5s, dopo le parole di Enrico Letta («impossibile allearsi con chi ha fatto cadere il Governo»), e la risposta di Giuseppe Conte è definitivamente tramontato. Non si è ancora capito se i dem andranno da soli o coalizzati con quei partiti centristi che hanno assunto l’agenda di Mario Draghi come stella polare, oltre alla sinistra e ai Verdi. Senza alleanze infatti il Pd rischia di consegnare tutti i seggi dell’uninominale - pari a circa un terzo del totale - al centrodestra anche quindi quelli delle cosiddette zone rosse, resi ancora più contendibili dalla maggiore estensione territoriale dei collegi a seguito della riforma. Ed è per questo che al momento tutti i sondaggi attribuiscono alla coalizione guidata da Fratelli d’Italia oltre il 50% dei posti in Parlamento.
Proprio i sondaggi sono però al centro dello scontro tra Meloni, Salvini e Berlusconi. Sia il Cavaliere che il leader della Lega vorrebbero una suddivisione dei collegi quasi paritaria. Meloni però non ci sta: «Si è sempre fatto riferimento alla media dei sondaggi e deve valere anche stavolta». Il problema è che i suoi alleati sono messi male. Il taglio dei parlamentari colpisce duramente Forza Italia ma anche la Lega. Nel migliore dei casi Salvini dovrebbe rinunciare a una sessantina tra deputati e senatori, e nel peggiore ad oltre 80. Non solo. A differenza che in passato, quando il Carroccio al Nord dominava e dunque sui collegi faceva man bassa, adesso Fdi ha strappato ai padani diversi feudi a cui certo Meloni non rinuncerà, mentre Salvini nel frattempo è chiamato a fronteggiare anche l’offensiva dei governatori della Lega che non sono intenzionati a lasciargli l’ultima parola sulle liste.
Problema che in Forza Italia è invece assai meno sentito. Alla fine a decidere è sempre Berlusconi. E stavolta l’ex premier è intenzionato a fare piazza pulita dei “dissidenti”. Anche perché essendo pochi i posti, gli serve una pattuglia di deputati fedeli. Al momento Forza Italia è quotata sotto il 10 per cento. Berlusconi è convinto di aumentare i consensi, ma le stime paventano che dovrà lasciare a casa tra gli 80 e i 130 parlamentari.
C’è naturalmente chi sta peggio, molto peggio. Nel 2018 M5s prese quasi il 33% alle elezioni e in Parlamento portò 227 deputati e 112 senatori. Oggi oltre la metà di quei consensi è evaporata. Inoltre, la riforma voluta proprio dai pentastellati ha ulteriormente ridotto le possibilità. Per i Cinquestelle si profila un bagno di sangue. In questo momento la stima del taglio tra deputati e senatori oscilla tra -248 e -288. Chi invece non se la passa male è il Pd. Già, perché il partito di Enrico Letta il taglio lo ha già subito con la scissione dei renziani, che al Pd sottrasse una quarantina di parlamentari. Inoltre, i dem al momento sono sopra il risultato elettorale conseguito nel 2018. Ecco allora che il dato numerico diventa non certo entusiasmante ma meno drammatico: la forchettà è infatti tra -10 e -53.
Chi non ha decisamente questi problemi è Fratelli d’Italia. In quattro anni Meloni ha più che quintuplicato i consensi del suo partito che nel 2018 aveva ottenuto il 4% e 50 parlamentari, un drappello. Adesso invece si appresta a far entrare un battaglione che avrebbe tra 162 e 134 tra senatori e deputati. Meloni ovviamente è corteggiatissima, visto che è l’unica ad avere ampie disponibilità di scranni parlamentari. Tanto al Sud che al Centro e al Nord. Sarà questa, molto più del programma di governo, la miccia più pericolosa per la coalizione di centrodestra. Almeno fino al 22 agosto.
Barbara Fiammeri
Inviata parlamentare
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