Moda
Pubblicità

Moda

Oltre il riciclo: la moda punta sui materiali fatti con CO2 sottratta all’atmosfera

di Chiara Beghelli

Immagine non disponibile
Gli occhiali a emissioni negative di Covalent

Gli occhiali a emissioni negative di Covalent

Aumentano start up e multinazionali che realizzano tessuti e bioplastiche trasformando i gas serra, con cui sono stati realizzati i primi accessori e abiti. È finalmente la soluzione per abbattere l’impatto dell’industria?

5 agosto 2022
Pubblicità

4' di lettura

Mentre la sfida per azzerare le emissioni di gas serra impegna l’industria mondiale, con fasi e successi alterni, si sta facendo strada un’altra sfida, molto più complicata e appassionante: quella di diventare “carbon negative”, cioè adottare formule e strumenti che consentano di sottrarre emissioni dall’atmosfera. Sempre in cerca di strumenti per proseguire sul suo percorso di reale sostenibilità, la moda sta guardando con interesse ai primi materiali “a emissioni negative”, che stanno trovando le prime applicazioni in forma per ora sperimentale, limitata a capsule, ma pronti a conquistare spazio. Materiali prodotti da start up, spesso fondate da giovani scienziate, ma anche da consorzi di multinazionali che hanno dalla loro parte la scalabilità, con processi che si ispirano a quelli della natura. Secondo MicKinsey e Global Fashion Agenda, oggi circa il 70% delle emissioni di gas serra dell’industria della moda, che resta una delle più inquinanti del pianeta, deriva dai processi di produzione, anche dei materiali. Saranno dunque quelli capaci di sottrarre emissioni a consentire alla moda di abbattere drasticamente il suo impatto? Intanto, ecco sette progetti che potrebbero essere d’aiuto.

Immagine non disponibile

Gli occhiali carbon neative di Covalent, marchio di Newlight

Pubblicità

Newlight

È ai microrganismi oceanici che la californiana Newlight Technologies ha guardato per sottrarre CO2 dall’atmosfera e che sono alla base del suo AirCarbon, un materiale completamente biodegradabile che può sostituire plastiche sintetiche e per le sue caratteristiche di flessibilità e resistenza, sostiene l’azienda, può essere impiegato anche al posto del pellame animale. Di AirCarbon erano fatti i cuori neri in un paio di orecchini pendenti della quinta collezione sostenibile lanciata da H&M la scorsa primavera, chiamata “Cherish Waste”. Ma Newlight ha sperimentato in prima persona l’applicazione di AirCarbon su accessori moda con il suo marchio Covalent, con cui ha prodotto finora due modelli di occhiali da sole (per ogni paio vengono sottratti all’atmosfera oltre 2 kg di CO2) e piccola pelletteria.

Immagine non disponibile

Fairbrics

Fairbrics

Finalista del Lvmh Innovation Award, vincitore dell’H&M Global Change Award nel 2020, Fairbrics è una start up francese fondata nel 2019 da Benoit Illy, Tawfiq Nasr Allah e Ali Nasr Allah. La sua tecnologia è in grado di produrre un poliestere, dicono identico a quello tradizionale, a partire dalla CO2. In aprile Fairbrics ha raccolto 6,5 milioni di dollari per costruire un impianto per produrre il suo poliestere, tramite Ap Ventures, uno dei fondi più attivi negli investimenti in tecnologie di decarbonizzazione, e con il supporto di H&M: l’obiettivo è arrivare a produrre 30 tonnellate di eco-poliestere all’anno.

Immagine non disponibile

L’abito di Zara realizzato con la tecnologia CarbonSmart di LanzaTech

LanzaTech

Fondata da Sean Simpson nel 2005, e basata a Skokie, Illinois, LanzaTech è un consorzio partecipato da molti big dell’industria mondiale, come ArcelorMittal, Basf, Petronas, ma anche Coty e Inditex. La sua tecnologia CarbonSmart consente di produrre materiale vergine dai gas serra prodotti dalle industrie, soprattutto siderurgiche. Nel 2020, insieme fra gli altri a British Airways e Virgin Atlantic, ha fondato lo spin off dedicato alla ricerca sui combustibili alternativi per aerei. Ma uno dei suoi prodotti al momento più tangibili è un “little black dress” firmato Zara, lanciato alla fine del 2021 e fatto di un poliestere prodotto con CO2. Nei bioreattori degli impianti di LanzaTech i microrganismi trasformano il diossido di carbonio e il monossido di carbonio dei rifiuti, proveniente da centri siderurgici o dal ciclo dei rifiuti urbani, e li trasformano in Lanzanol, un etanolo, attraverso un processo di fermentazione. Il Lanzanol è poi trasformato ancora in un altro composto chimico dall’India Glycols Limited, e a sua volta convertito in poliestere. LanzaTech ha anche all’attivo una collaborazione con il marchio di sportswear lululemon e ha accordi con On per produrre scarpe da running, ma anche con L’Oréal, Coty e Unilever. Fino a oggi LanzaTech ha prodotto oltre 115 milioni di litri di etanolo, sottraendo all’atmosfera 150mila tonnellate cubiche di CO2.

Immagine non disponibile

Neeka Mashouf, una delle fondatrici di Rubi Laboratories

Rubi Laboratories

Le sorelle Neeka e Leila Mashouf sono le fondatrici di Rubi Laboratories, che a San Leandro, il nuovo distretto dell’innovazione green di San Francisco, hanno creato una tecnologia che consente di produrre fibre di viscosa, dunque a base cellulosica, a partire dalla CO2. Di recente hanno raccolto 4,5 milioni di dollari di finanziamenti. Il meccanismo si ispira a quello con cui le piante trasformano la CO2 in fibre.

Immagine non disponibile

Filato di Mango Materials

Mango Materials

Allison Pieja, Molly Morse, ingegnere, e la microbiologa Anne Schauer-Gimenez sono le fondatrici della startup californiana Mango Materials, che ha messo a punto un processo per trasformare il metano derivato dai gas serra in un biopolimero chiamato Pha (poliidrossialcanoato), che può essere usato al posto del filato di poliestere ed è del tutto biodegradabile.

Immagine non disponibile

Pellet di Ingeo by Natureworks

Natureworks

Si chiama Ingeo la tecnologia usata da Natureworks, basata nel Minnesota ma partecipata anche dal governo thailandese, per trasformare i gas serra in zuccheri da far fermentare, attraverso il decisivo contributo delle piante: mais, manioca, canna da zucchero, barbabietole sottraggono CO2 all’atmosfera e lo trasformano in molecole di zucchero. Al glucosio estratto vengono poi aggiunti degli enzimi che lo trasformano in destrosio tramite l’idrolisi, e i microrganisimi lo fermentano poi in acido lattico. L’Ingeo prodotto viene trasformato in pellet, e poi in filato. Entro il 2024 in Thailandia aprirà il suo secondo impianto (ne ha già uno in Nebraska), che produrrà a regime 75mila tonnellate di Ingeo all’anno.

Immagine non disponibile

Covestro

Covestro

Nel luglio del 2019 la multinazionale tedesca della chimica e i suoi partner, in primo luogo l’Institute of Textile Technology dell’università di Aquisgrana, hanno messo a punto una tecnologia, chiamata Triturn, per trasformare la CO2 dell’atmosfera in un filato elastico. Nell’innovativo processo di produzione, la CO2 emessa viene sostanzialmente riciclata e usata. Le prime applicazioni sono state per imbottiture di materassi, tappeti per lo sport e schiume per l’industria dell’automotive, per arrivare infine a fibre altamente performanti.

Riproduzione riservata ©
Pubblicità
Visualizza su ilsole24ore.com

P.I. 00777910159   Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie  Privacy policy