Manovra, Salvini: “Non siamo in grado di promettere miracoli”
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Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti è arrivato nella tarda serata del 18 dicembre in commissione Bilancio della Camera con l’atteso terzo pacchetto di emendamenti del governo alla manovra. Al suo arrivo sono rientrati anche i deputati dell’opposizione che avevano abbandonato i lavori contestando i ritardi accumulati nel deposito del documento da parte dell’esecutivo. «Le previsioni più accreditate a livello economico probabilmente imporranno ulteriori utilizzi di spazio fiscale» ha detto il ministro dell’Economia in commissione bilancio. Giorgetti ha ricordato che «quello che ha fatto il governo è aver usato nel primo trimestre 2023 uno scostamento dell’1,1% esattamente per le misure per l’energia».
La seduta della commissione Bilancio della Camera si è conclusa dopo la mezzanotte di domenica. La conferenza dei capigruppo dedicata ai tempi di esame della manovra della tarda mattina si è però conclusa con un nulla d fatto: il presidente Lorenzo Fontana, dopo oltre un’ora di dibattito, si è riservato di convocare una nuova capogruppo stasera o domattina dopo aver parlato col presidente della commissione Bilancio. La maggioranza ha ribadito che occorre chiudere l’esame in Aula al più tardi nella notte tra il 23 e il 24 dicembre. L’opposizione lamenta il fatto che l’esame sia sospeso in commissione sino a stasera. «Questa notte è stata presentata una manovra sostitutiva, che contiene norme ordinamentali, chiaramente inammissibili», ha detto Matteo Richetti di Azione.
«Passa da 20 a 25mila» il tetto del reddito per il taglio del cuneo di un ulteriore punto percentuale. È stato il primo annuncio del ministro dell’economia intervenendo in commissione Bilancio alla Camera sulla manovra.
Confermato che negli emendamenti del governo alla manovra c’è «l’innalzamento a 600 euro delle pensioni minime per tutti quelli che hanno 75 anni». Ma la misura vale solo per il 2023.
Cambia la norma che rivede per il 2023 e 2024 la rivalutazione automatica delle pensioni: viene portata dall’80 all’85% la rivalutazione per gli assegni tra 4 e 5 volte il minimo (circa 2mila-2.500 euro). Mentre per le pensioni più alte gli scaglioni vengono rivisti con una riduzione della percentuale: dal 55% al 53% per quelle tra 5 a 6 volte il minimo; da 50% a 47% tra 6 e 8 volte il minimo da 40% a 37% da 8 a 10 volte il minimo e da 35% a 32% negli assegni oltre 10 volte il minimo (oltre 5milaeuro). L’aumento per le pensioni fino a 5 volte il minimo sale così da 153 a 162,8 euro (con il precedente schema del governo Draghi sarebbe stato di 172 euro).
Opzione donna, così come formulata nella manovra, per ora non cambia. Negli emendamenti del governo non compare infatti alcuna modifica della misura. Che quindi al momento prevede per il 2023 la possibilità dell’anticipo pensionistico con un’età di 60 anni, che può essere ridotta di un anno per ogni figlio e nel limite massimo di 2 anni, ma limitatamente a tre categorie specifiche di lavoratrici: caregiver, invalide almeno al 74% licenziate o dipendenti da aziende con tavolo di crisi. Il Pd insiste però per tornare alla versione attualmente in vigore, senza vincoli legati ai figli e valida dunque per tutte le donne.
«Sul reddito di cittadinanza le mensilità sono state ridotte da 8 a 7» ha detto il ministro dell’Economia.
Confermato anche che negli emendamenti del governo «è recepita quella che è una volontà emersa in commissione al Senato sul dl quater e recepita qui per motivi di tempo: la possibilità di presentare la cilas per i condomini entro il 31 dicembre 2022 per mantenere il regime di maggior favore al 110%».
Inoltre «si è aumentato da 6mila e 8mila euro la soglia massima per l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a favore di datori di lavoro che assumono dal primo gennaio al 31 dicembre con contratto a tempo determinato i beneficiari del Reddito di cittadinanza». La misura «permette di coprire di fatto l’intera platea dei nuovi assunti perché - aggiunge Giorgetti - copre raggiunge dei livelli significativi».
Stop alla norma sul Pos. Il governo con un emendamento depositato in Commissione fa dietrofront e torna alla vecchia misura attualmente in vigore e che prevede la sanzione di 30 euro a chi rifiuta il pagamento elettronico. La norma, che era stata bocciata da Bruxelles in quanto introduceva dal 1° gennaio una soglia di 60 euro sotto la quale non sarebbe scattata nessuna sanzione in caso di rifiuto dell'utilizzo del Pos da parte dell'esercente o del professionista, secondo quando riferito in commissione Bilancio della Camera dallo stesso ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti verrebbe sostituita con l'introduzione, risorse permettendo, di crediti d'imposta a titolo di ristoro delle commissioni pagate da commercianti e professionisti per i pagamenti digitali. Il correttivo lascerebbe comunque immutato il nuovo limite all’utilizzo dei contanti che con il Ddl viene fissato dal prossimo 1° gennaio in 5.000.
«Nell’emendamento che presenterà il governo è prevista l’eliminazione della normativa relativa al Pos. Argomento che rimettiamo alla valutazione della commissione per quanto riguarda eventuali forme, che noi caldeggiamo, di ristoro o risarcimento per gli operatori che si dovranno trovare di fronte ad un maggiore onere per le commissioni applicate su queste transazioni» ha detto Giorgetti.
L’emendamento del governo pensato per eliminare la norma sul pos conteneva un “refuso”. Nel testo bollinato si prevedeva la soppressione dell’intero articolo 69 della manovra, che contiene anche l’innalzamento del tetto al contante a 5mila euro. Il ministro dell’Economia, rispondendo alle opposizioni che notavano come leggendo il testo salterebbe anche il tetto al contante, ha ammesso che c’è un errore. «Mi assumo la responsabilità di un errore della Ragioneria», ha detto il ministro. Il refuso è stato corretto in una nuova versione del testo.
«È stata ripristinata la vecchia norma del 2012 che permette per i contratti di mutuo ipotecario di tornare dal tasso variabile al fisso». Un intervento importante, ha detto Giorgetti, soprattutto in questi giorni in cui tassi sono tornati a salire: «oltre ad avere un impatto per la finanza pubblica riguarda tanti mutui a tasso variabile per le famiglie».
«Abbiamo previsto l’aumento all’80% dell’indennità per il congedo parentale ai genitori in via alternativa» ha detto Giorgetti. Il ministro ha poi aggiunto: «Abbiamo incrementato anche la maggiorazione della misura dell’assegno unico universale riconosciuto a nuclei con 4 o più figli». L'emendamento aumenta la maggiorazione del 50% portandola dagli attuali 100 euro a 150 euro e rendendola strutturale.
Altra novità. «Per il caro energia diversi emendamenti sollecitavano quella che era ritenuta e che anche noi abbiamo ritenuto un’ingiustizia, il trattamento di sfavore per il teleriscaldamento, per cui è prevista la riduzione dell’aliquota Iva al 5% per il primo trimestre 2023». Non solo. «È prevista anche la riduzione al 10% dell’Iva per i pellet per il 2023».
Quanto alla misura cosiddetta “salva-calcio” il ministro ha ribadito che «la vicenda del calcio, come più volte ribadito, verrà trattata come tutti gli altri debiti di tutte le altre imprese, con stesse condizioni per i debiti fiscali. Per quelli previdenziali il pagamento verrà fatto entro la data definita pena l’avvio delle procedure previste.
I primi attesi emendamenti del governo, promessi inizialmente per la mattinata, solo arrivati solo nella serata di sabato 17 dicembre. E riguardano solo due temi, fisco ed enti locali. La parte più “corposa” è rimandata a stasera. Per favorire la ripresa del mercato immobiliare, è arrivata la detrazione del 50% dell’importo corrisposto per l’Iva per gli acquisti di case ad alta efficienza energetica (in classe A e B) effettuati entro il 31 dicembre 2023 direttamente dal costruttore.
Cambia poi la norma sugli extraprofitti. Si riduce la platea, nonostante la tassa finora non abbia dato i risultati sperati: colpirà solo chi ha almeno “il 75% dei ricavi” dalle attività di produzione e vendita di energia elettrica, gas e prodotti petroliferi. Una mossa con cui «il governo si sta mettendo nei guai da solo tagliando di altri 50 milioni», avverte il capogruppo in commissione di Avs Marco Grimaldi.
Nel pacchetto di ritocchi alle misure fiscali della manovra il governo rivede il calendario dello stralcio delle cartelle e la definizione delle liti pendenti. Sulle cartelle slitta dal 31 gennaio al prossimo 31 marzo lo stralcio dei carichi fino a 1.000 euro affidati agli agenti della riscossione al 31 dicembre 2015.
Più tempo soprattutto per poter estendere lo stralcio anche alle multe, lasciando comunque l'ultima parola ai sindaci i quali potranno procedere allo stralcio o al contrario mantener in vita la multa da riscuotere.
Intanto Confindustria denuncia che la mancata previsione del taglio degli oneri di sistema per le potenze sopra i 16,5 kilowatt colpisce soprattutto tante Pmi e in modo trasversale. Un allarme rilanciato da Mariastella Gelmini, vicesegretario e portavoce di Azione: «La maggioranza - dichiara - si azzuffa su Pos, tetto al contante e pensioni, ma dimentica piccole e medie imprese con utenze energetiche superiori ai 16,5 kilowatt. Per loro non prevede l'abbattimento degli oneri di sistema, che significa un taglio immediato dei costi, ma rimane il credito di imposta che, come è noto, significa aspettare un anno prima di ricevere un beneficio. Gli aiuti alle imprese sono ossigeno per la produzione e l'occupzione. Il governo ignora che chi fa impresa opera vive sui mercati, deve competere con una concorrenza agguerrita e, come nel caso della Germania, sostenuta generosamente dai rispettivi governi».
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