di N. T.
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Niente raddoppio del cognome se il bambino non vuole. Accettare o meno l’aggiunta di un secondo cognome è scelta che spetta infatti al minore e, se questi non ne vuole sapere, non c’è nulla da fare. È la Corte di cassazione (sentenza 17139 depositata ieri dalla prima sezione civile) a ricordare i paletti della giurisprudenza a un uomo che, a distanza di tempo dalla nascita, ha riconosciuto come proprio figlio un bambino che fino a quel momento aveva portato come cognome quello della madre. I supremi giudici hanno così respinto il ricorso dell’uomo contro il decreto con il quale il Tribuunale di Firenze aveva negato il diritto ad aggiungere il proprio cognome al figlio.
Secondo la Cassazione, alla base della decisione non deve esserci l’«esigenza di rendere la posizione del figlio nato fuori dal matrimonio quanto più simile possibile a quella del figlio di coppia coniugata», ma «quella di garantire l’interesse del figlio a conservare il cognome originario se questo sia divenuto autonomo segno distintivo della sua identità personale in una determinata comunità». Ed è così che è dirimente la testimonianza del bambino ai giudici fiorentini. Il minore aveva infatti detto «di non volere né sostituire, né aggiungere il cognome» del padre al proprio, perché «il cognome è personale e accompagna per tutta la vita. Ho vissuto per 12 anni con questo cognome e non voglio averne altri». Parole inequivocabili: per i giudici imporre il cognome del padre avrebbe turbato «fortemente» il minore e finito per acuire l’astio verso il padre.
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