di Giulia Crivelli
Spilla May Rose di Chanel
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Pubblico in sala, apparizioni pomeridiane di star locali e internazionali a favor di fotografi e fan, conferenze stampa come se piovesse. Poi cene di beneficenza e naturalmente red carpet, ovvero sfilate sui tappeti rossi delle grandi occasioni, per ogni proiezione. Il festival di Cannes che si è chiuso una settimana fa ha regalato una parentesi di normalità e mondanità come non se ne vedevano da un anno e mezzo. Al centro di tutto i film e i loro protagonisti e registi, certo, ma anche abiti e accessori e soprattutto gioielli: difficile ricordare un’altra edizione del festival francese con tale sfoggio di pezzi unici sui visi e décolleté delle star, non solo di sera, ma anche alla luce del sole, forse per sottolineare come pure nella gioielleria siano sempre più labili i confini tra giorno e notte e probabilmente tra generi, visto che crescono le linee pensate per gli uomini o comunque unisex.
La conferma della ritrovata centralità dei gioielli, da red carpet e non solo, è venuta da Montecarlo, dove il 2 luglio Vuitton ha presentato la collezione di alta gioielleria Bravery, ispirata ai codici e al Dna del brand e che anticipa di poche settimane l’inizio delle celebrazioni per i 200 anni dalla nascita del fondatore della maison, Louis Vuitton in persona, che vide la luce il 4 agosto del 1821. Ulteriore conferma verrà quasi certamente dal festival del cinema di Venezia, in programma dal 1° settembre e che sarà anticipato dai tre giorni (28-30 agosto) in cui Dolce&Gabbana presenteranno, sempre in Laguna, le collezioni di alta moda, alta sartoria e, appunto, alta gioielleria.
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Le prospettive dell’intero segmento sono ottime, in particolare per quella che gli americani chiamano fine jewellery, le collezioni in metalli e pietre preziose, posizionate subito prima dell’alta gioielleria e che si distinguono dalla custom jewellery (che noi chiamiamo, più modestamente, bigiotteria). Motore della crescita – come per l’intero mercato dei beni di lusso – è la Cina (si veda il pezzo in pagina), dove Chanel, non a caso, ha presentato in anteprima parte dell’alta gioielleria ispirata ai cento anni del N°5, il profumo nato nel 1921.
Ma i segnali sono positivi pure da altre aree del mondo, online e offline. Secondo l’ultimo report di McKinsey, State of Fashion: Watches&Jewellery, l’Asia rappresenta già oggi il 45% delle vendite globali di gioielleria (e il 50% per gli orologi) e si prevede un’ulteriore crescita, dal 10% al 14%, per quanto riguarda la fine jewellery e fino al 4% per gli orologi, con la Cina in testa. Per i gioielli gli analisti di McKinsey immaginano una presenza maggiore dei brand, anche perché a oggi circa l’80% dei gioielli venduti nel mondo è unbranded. Da qui al 2025 la fine jewellery di marca, come si diceva una volta, è destinata a crescere a un tasso annuale (Cagr) dell’8-12%, un ritmo tre volte più veloce del mercato totale. Il secondo cambiamento riguarda l’entrata di nuovi player nel segmento fine jewellery, dove la moda e il lusso, dal citato Vuitton a Gucci, da Prada a Celine, stanno investendo sempre di più, e dove c’è spazio per outsider e persino start up, grazie al passaparola online.
Come in ogni altro settore, sarà la digitalizzazione a dominare strategie ed evoluzioni, a cominciare dall’e-commerce. Le vendite globali sul web potrebbero aumentare dal 13% al 21%, secondo McKinsey, che però avverte: il passaggio all’online nasconde dei rischi e occorre “umanizzare” le esperienze digitali, perché i consumatori si aspettano di avere online lo stesso livello di servizio clienti e attenzione ai dettagli che sperimentano nei negozi. Con circa l’80% degli acquisti nel 2025 ancora effettuati negli store fisici, sarà fondamentale un’esperienza senza soluzione di continuità tra i canali.
Last but not least la sostenibilità: entro il 2025, si stima che dal 20 al 30% delle vendite globali di gioielli sarà influenzato da consumatori che considerano il tema imprescindibile. Nuovi player e marchi storici, conclude McKinsey, devono diventare sempre più trasparenti, comunicando strategie e obiettivi in tema di sostenibilità ambientale e sociale.
Giulia Crivelli
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