di Marta Casadei
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Nell’Italia che non ha mai saputo creare un vero, forte polo del lusso capace di competere con in big francesi, continuano a formarsi agglomerati di eccellenze produttive che lavorano in conto terzi proprio per i giganti del lusso.
MinervaHub, realtà industriale nata la scorsa primavera dalla fusione della Ambria Holding presieduta da Matteo Marzotto con Xpp Seven, che fa capo al fondo di private equity Xenon, ha annunciato di aver rilevato Jato 1991, azienda di San Lazzaro di Savena (Bologna) che da trent’anni si occupa di ricami per pret-à-porte e alta moda. I due soci fondatori Giorgina Rapezzi e Jacopo Giuseppe Tonelli restano direttamente coinvolti nella gestione di Jato 1991 ed entrano nel capitale di MinervaHub.
L’hub era partito controllando sei aziende - Galvanica Formelli e Zeta Catene (entrambe di Arezzo), Zuma Pelli Pregiate (Pisa), Koverlux (Bergamo), Quake (Vicenza), Sp Plast Creating (Fermo) - con un portafoglio di mille clienti e ricavi aggregati per 101 milioni di euro. Secondo quanto dichiarato dai fondatori alla presentazione del progetto, lo scorso aprile, entro la fine dell’anno dovrebbero essere acquisite altre due realtà.
Dopo le tre acquisizioni annunciate meno di un mese fa, continua a ritmi serrati l’espansione del Gruppo Florence - controllato per circa il 65% dal consorzio guidato da VAM Investments, Fondo Italiano d’Investimento (tramite Ficc) e Italmobiliare - che ha annunciato di aver da poco rilevato due aziende di maglieria di lusso, entrambe in Veneto: Maglificio Erika e Maglificio Leonello Spagnol. Si tratta di due eccellenze radicate nel territorio e con un portafoglio di clienti di alto profilo: il Maglificio Leonello Spagnol, fondato nel 1949 a Valdobbiadene, dagli anni Settanta lavora per brand internazionali dell’altagamma, produce circa 130 mila capi all’anno e nel 2021 ha registrato ricavi 26,5 milioni di euro; il Maglificio Erika, fondato a Gazzo Veronese nel 1985, ha una capacità produttiva simile, un fatturato 2021 di 30 milioni di euro e si contraddistingue per l’impiego di tecnologie di ultima generazione.
Con queste acquisizioni il progetto industriale del gruppo conta oggi 19 aziende, un giro d'affari di circa 380 milioni di euro e oltre 2.000 dipendenti in nove Regioni italiane. Come già accaduto con le altre aziende del gruppo, le famiglie titolari delle due aziende (famiglia Spagnol, famiglia Descrovi e Gruppo Him Co) reinvestono nel Gruppo Florence unendosi ai piccoli azionisti (che pesano circa il 35%).
«Proprio il desiderio di essere parte di una realtà più strutturata, con un know-how industriale ed il forte orientamento all'innovazione - ha detto il ceo Attila Kiss parlando dei due maglifici - li ha convinti ad unirsi alla nostra piattaforma produttiva. La missione di Gruppo Florence è quella di valorizzare il made in Italy in un'epoca sempre più sfidante e offrire ai brand del lusso oltre al prodotto di alta qualità, anche servizi eccellenti ed affidabilità nei tempi di consegna, sempre con massima attenzione alla sostenibilità».
L’obiettivo di questi poli di terzisti che si stanno rapidamente aggregando - ai quali si aggiunge la Holding Moda di Hind, che nel solo mese di settembre ha annunciato di aver acquisito l’azienda bolognese Rilievi e ha rilevato la toscana Seriscreen salendo a 10 aziende -è anche quello di preservare le piccole-medie imprese e le loro competenze creando sinergie utili ad aumentarne la competitività (e i ricavi). Senza lasciarle preda di acquisizioni da parte di soggetti esteri. Che, come dimostrano i recenti casi di Lvmh - che punta a rilevare la conceria toscana Nuti Ivo - e Fendi, che ha acquisito lo storico façonista abruzzese Maglificio Matisse - sono sempre interessati a soggetti simili.
Marta Casadei
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