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Vaccini, dietrofront sulla terza dose. Ema: «Non ci sono abbastanza dati»

di Andrea Gagliardi

Ancora in aumento i casi di Covid. Ema: "Vitali 2 dosi contro la variante Delta"

Per l’Agenzia europea per i medicinali, «al momento è troppo presto per confermare se e quando ci sarà bisogno di una dose di richiamo»

17 luglio 2021
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3' di lettura

Mentre si intensifica la campagna vaccinale, ferve il dibattito tra esperti e organizzazioni internazionali sulla necessità di una terza dose di vaccino contro il Covid-19. Quest’ultima fino a qualche mese fa sembrava scontata. Ma ora prevale la cautela. L’Ema, Agenzia europea per i medicinali, frena. «Al momento è troppo presto per confermare se e quando ci sarà bisogno di una dose di richiamo, perché non ci sono ancora abbastanza dati dalle campagne vaccinali e dagli studi in corso per capire quanto a lungo durerà la protezione dei vaccini», ha puntualizzato il responsabile della strategia vaccinale dell’ente regolatorio Marco Cavaleri.

Sulla terza dose non ci sono ancora decisioni, insomma. Franco Locatelli, coordinatore del Comitato Tecnico scientifico (Cts), invita a «farsi trovare pronti», anche se «ad oggi non abbiamo evidenza di quanto duri la risposta immunitaria alla vaccinazione». Mentre il direttore dell’Istituto nazionale per la ricerca sulle malattie infettive degli Stati Uniti, Anthony Fauci, evidenzia che «in base ai dati disponibili, al momento Fda e Cdc (gli organismi responsabili per la protezione della salute pubblica negli Usa, ndr) non pensano che sia necessaria una terza dose». Anche se «questo non vuol dire che le cose non possano cambiare. Prima o poi - ha aggiunto - potremmo aver bisogno di un ’booster’ per tutti o per alcuni gruppi selezionati, come gli anziani o le persone con patologie preesistenti».

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Il pressing di Pfizer

La precisazione arriva dopo che Pfizer aveva affermato di avere dati che mostrano che l’efficacia del vaccino diminuisce nel tempo e che sarebbe necessario un ulteriore richiamo tra sei mesi e un anno dopo le prime due somministrazioni. Ma sull’argomento è critico il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus: mentre i Paesi ricchi già pensano all’iniezione di una terza dose, la cui necessità - sostiene - è tutt’altro che scientificamente provata, gran parte del mondo è ancora in attesa del suo primo vaccino.

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Ciccozzi: terza dose? Prima dati su seconda

Sul tema della terza dose gli esperti sono cauti. «Terza dose? Ancora non abbiamo studi sui titoli anticorpali dopo la seconda dose di vaccino, finchè non avremo questi dati non potremo sapere se, come e quando farla», spiega Massimo Ciccozzi, direttore dell’Unità di Statistica medica ed Epidemiologia del Campus Bio-medico di Roma. E ha aggiunto che probabilmente Sars-CoV-2 «sarà nostro compagno di viaggio finché non diventerà un coronavirus umano. Si adatterà sempre di più a noi e magari dovremo fare una vaccinazione ogni anno come con l’influenza».

Pregliasco: ipotesi terza dose per immunodepressi e Rsa

«Vedo la necessità di una terza dose di vaccino» anti-Covid «sui pazienti immunodepressi e nelle Rsa, però è ancora da decidere il timing». Così il virologo Fabrizio Pregliasco, docente dell’Università Statale di Milano. «Bisogna valutarne l’opportunità sui più fragili - spiega all’Adnkronos Salute - e su quelli che nelle Rsa sono stati vaccinati proprio all’inizio, nei primi giorni». Quanto ai medici, oggi a contatto anche con pazienti colpiti dalle varianti del virus, «non c’è ancora certezza della necessità di un richiamo».

Clementi: terza dose? Si pensi a completare piano vaccinale

Mette le mani avanti anche Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’ospedale San Raffaele di Milano e docente all’università Vita-Salute: «È ancora presto per dire se servirà la terza dose di vaccino anti-Covid. Al momento io direi che la cosa più importante è completare il programma di vaccinazione che ci siamo dati, ed è lì che dobbiamo concentrarci. C’è da vaccinare una bella fetta di popolazione italiana e non parliamo di quella mondiale, visto che alcuni Paesi hanno pochissimi vaccinati». E ancora: «Vedremo poi cosa accadrà in autunno, quanto sarà diffuso allora il virus, se cambierà, come sarà l’epidemiologia dell’infezione. Occorrerà considerare tutte queste cose. Ed è ancora presto per poterlo dire».

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