di Angelo Flaccavento
L’installazione dedicata al Rosso Valentino sul palco del Teatro Sociale di Voghera
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È significativo della temperie attuale, della ossessione non sempre illuminata per le ultime demografie di clienti, che per i novanta anni di Valentino Garavani - per tutti e per sempre Valentino e basta, come usava quando la moda era affare delle élites; l'ultimo imperatore riconosciuto della couture - la maison che porta il suo nome, guidata con piglio sicuro e verve sperimentale da Pierpaolo Piccioli, abbia prodotto una felpa.
Nera, con il cappuccio, e la frase autografa del couturier “I love beauty, it is not my fault” sillabata da davanti a dietro. In rosso e in inglese, come facciamo tutti sui social, perché tutti possano capire. E dire che, leggenda vuole, Valentino e Giancarlo Giammetti, compagni e sodali di una vita, negli affari e nel privato, tra loro hanno sempre parlato in francese. La felpa, in vendita da oggi, compleanno di Mr Garavani, su valentino.com (il ricavato sarà devoluto in beneficenza alla Fondazione Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti) accompagna una mostra retrospettiva organizzata presso il Teatro Sociale di Voghera, il borgo natio: una selezione di abiti rossi, il colore feticcio, sanguigno e traboccante glamour, sul boccascena, cui dai palchi risponde un florilegio di trentasei creazioni d'archivio; a contorno, disegni, figurini, foto, documenti, articoli di giornale che contestualizzano gli abiti nel rispettivo momento storico.
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Ne ha di storia da raccontare Valentino, formatosi a Parigi come allora imponeva, divenuto imperatore a Roma con magione professionale su Piazza Mignanelli, ancora sede della maison, couturier d'elezione dell’aristocrazia vera e presunta, di reali e raffinate regine dei rotocalchi come Jackie Bouvier, che in Valentino si vestì per le nozze con Aristotele Onassis. Capace come pochi di glorificare la figura femminile, araldo indefesso del glamour più scintillante, alieno da pauperismi e minimalismi di facciata, Valentino si è ufficialmente ritirato dalle scene nel 2008. È noto il suo assolutismo in tema di estetica e la sua dedizione assoluta alla causa della bellezza, così come la capacità di muovere dalla purezza scattante e tutta bianca di una mitica collezione del 1968 agli animalier selvaggi e patrizi, visti su Veruska nei Settanta, dal bianco e nero grafico ai volant e fiocchi da latifondista latino-americana che ancora abbagliano per potere di fascinazione. Sempre, celebrando il bello: alto, idealizzato, e invero assai esclusivo.
Valentino con Diana Vreeland
Da che Valentino ha smesso di lavorare per vivere con infinito glamour tra castelli, chalet e yacht, le priorità della moda sono parecchio cambiate. I parametri del bello si sono espansi, e fare bei vestiti ha sovente ceduto il passo a comunicarli bene. L'opera dell'ultimo imperatore appare oggi titanica nella leggiadria che la caratterizza: testimonianza di una diverso sistema, ma anche di una diversa concezione del mestiere. Intenerisce e commuove l'amore mai spento per l'eleganza. Per questo quella felpa, così au courant, appare un po' maldestra.
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