di Redazione Scuola
(Imagoeconomica)
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Laurearsi in Italia rende poco in termini di salari. Lo ribadisce il governatore della Banca d'Italia Ignaio Visco nel suo intervento alla “Giornata del laureato” presso l'Università La Sapienza di Roma sottolineando come «i rendimenti dell'istruzione sono positivi ma meno marcati che altrove. Il rapporto tra le retribuzioni dei lavoratori che hanno completato un ciclo di istruzione terziaria e quelli che hanno completato solo un percorso secondario superiore è più basso della media Ocse (o di quella della Ue)».
«Se ciò contribuisce a spiegare la minore propensione delle famiglie a investire in capitale umano, il basso rendimento di un fattore di produzione relativamente scarso rappresenta per la teoria economica un paradosso, che ho messo in evidenza già molti anni fa» rileva.
Per il governatore «vi influiscono, in parte, l'insufficiente presenza di figure professionali specializzate e, soprattutto, il ritardo del sistema produttivo, che ha a lungo continuato a privilegiare i comparti tradizionali, più esposti alla concorrenza dei Paesi in via di sviluppo, ed è rimasto sbilanciato verso imprese piccole e molto piccole, la cui risposta all'apertura dei mercati e al progresso tecnologico è necessariamente lenta e modesta». Si crea così un «un circolo vizioso: in assenza delle competenze necessarie, le imprese comprimono la propria attività innovativa e i salari dei, pochi, lavoratori qualificati; le famiglie rispondono a questa carenza di incentivi e non investono sufficientemente in conoscenza, alimentando la scarsa propensione all'innovazione del sistema produttivo. Per invertire queste tendenze - conclude - bisogna dunque riflettere sia sugli strumenti con cui la società accresce la propria dotazione di capitale umano (in primis scuola e università), sia sui fattori che determinano le scelte individuali di istruzione».
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