di Maurizio Agazzi (*)
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Periodicamente si torna ad affrontare il tema della necessità di rilanciare le adesioni alla previdenza complementare e a riproporre il meccanismo del silenzio assenso come strumento principe per aumentare le stesse. Pur non volendo entrare in un dibattito politico che compete alle Parti sociali e al Governo mi sia consentito di formulare alcune osservazioni. Innanzitutto occorre riflettere sulla “liceità” di riproporre sebbene a distanza di 15 anni una modalità che la gran parte dei lavoratori hanno già esaminato esprimendo con l'adesione o meno il loro giudizio nel lontano semestre del 2007 e tutti i nuovi assunti all'atto dell'assunzione.
Occorre poi riflettere se l'adesione con il solo TFR sia sufficiente a costruire un percorso previdenziale di secondo pilastro e se l'utilizzo del solo TFR in comparti “garantiti” abbia in passato, e soprattutto rappresenti una scelta finanziariamente più conveniente del mantenimento dello stesso in azienda.
Sicuramente un periodo di campagna informativa istituzionale anche con meccanismi di adesione automatici avrebbe il pregio di riportare al centro del dibattito nei luoghi di lavoro l'esigenza di costruire un secondo pilastro pensionistico, ma appunto la costruzione del secondo pilastro va ben oltre l'adesione col silenzio assenso del solo TFR da far confluire in un comparto garantito o anche dalla mera adesione contrattuale col versamento del solo contributo datoriale.
Occorre quindi costruire un percorso informativo che a partire dalla campagna istituzionale crei le condizioni, nei luoghi di lavoro in primis ma anche nelle scuole, per la crescita della cultura previdenziale e finanziaria nel nostro Paese.
Da ultimo non va dimenticato che anche nel caso di adesione attraverso il silenzio assenso deve essere superato il criterio del comparto garantito sia per l'incapacità ormai assodata di realizzare in un comparto garantito un rendimento pari al TFR in azienda ( prova ne sono le difficoltà nel rinnovo di tali comparti che stanno incontrando i fondi pensione) sia per l'inadeguatezza ai fini pensionistici equivalente a quanto si realizza in azienda.
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