di Flavia Landolfi
Casa, sottosegretario Morelli: priorità di Governo e Parlamento
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Non ha ancora iniziato il suo percorso in Europarlamento la direttiva sulle case «green» anche dette «near zero»: quasi a zero emissioni inquinanti come impone uno dei requisiti del pacchetto Fit for 55 con orizzonte 2030 e poi anche oltre. Eppure, nonostante siamo ai primi giri di tavolo su articoli e commi, le nuove regole ecologiche degli immobili stanno già dispiegando effetti e orientando il mercato. A partire, appunto, dall’elemento “verde” che quindi entra di prepotenza nelle possibili scelte dei proprietari di casa.
Secondo un’indagine commissionata da Confindustria Assoimmobiliare a Swg, il 56% di coloro che hanno intenzione di acquistare una casa dichiara di volere abitazioni di classe A, contro un 26% contrario e un 19% che non si pronuncia. Ma non solo: la maggioranza (55%) esclude di acquistare le case con valori energetici più bassi – quelli da E a G – anche in caso di risparmio sul prezzo di acquisto. «Questi dati ci indicano una strada che il mercato ha già cominciato a percorrere – ha detto la presidente di Confindustria Assoimmobiliare Silvia Rovere –. Esiste infatti una domanda forte e diffusa di case green che sta orientando le decisioni di investimento delle famiglie e che ha bisogno di un’offerta adeguata». Secondo l’associazione però il parco italiano non si presterebbe a operazioni di maquillage. «Occorre - spiega Rovere - sostituire il patrimonio immobiliare esistente con nuove costruzioni ad alte prestazioni energetiche». Ma come? «In tutte le città italiane ci sono interi quartieri con costruzioni obsolete, degradate, insicure e certamente prive di qualsiasi valore storico-architettonico, che andrebbero demolite e ricostruite secondo i più elevati standard di efficienza energetica, sismica e tecnologica», prosegue la rappresentante degli operatori e investitori nel settore real estate.
C’è però un secondo aspetto, per ora più psicologico che realistico, visto che la direttiva non solo deve essere approvata ma poi andrà recepita con ampie clausole di autonomia per gli Stati. E cioè che oltre due terzi degli intervistati (67%) sono convinti che le case energeticamente meno efficienti subiranno forti perdite di valore nei prossimi anni, che sarà più costoso ristrutturare le abitazioni (66%) e che nessuno vorrà più acquistare case con classi energetiche basse (59%). In questo scenario si fa strada l’idea degli incentivi statali: il 60% degli interpellati si dice fiducioso nella mano generosa dello Stato sull’adeguamento dell’esistente e sul nuovo parco immobiliare. Anche perché l’altra percezione prevalente, confermata dal 67% degli intervistati, è che in Italia oggi ci sia un’offerta asfittica di immobili energeticamente efficienti: secondo il 71% del panel tutte le nuove abitazioni dovrebbero, d’ora in avanti, essere costruite in classe A.
Ma la domanda cruciale è quella che riguarda l’approccio nei confronti dell’abitazione in cui si abita: una quota consistente pari al 42% di chi vive in un immobile di classe tra E e G o che ne ignora la categoria, dichiara di essere pronta a ristrutturare la propria abitazione per migliorarne l’efficienza mentre uno scarno 11% si dichiara pronto a vendere per acquistare una casa di classe A. Resta però un 47% che dichiara di voler restare nella propria casa anche se ne diminuisse il valore e a fronte di costi energetici più alti. Senza contare poi la scarsa consapevolezza proprio di ciò di cui si parla: la classe energetica del proprio immobile è sconosciuta per il 49% dei proprietari e il 16% degli affittuari. In ogni caso direttiva o no, obblighi o no, resta centrale il nodo riqualificazione. «Il 55% delle unità immobiliari residenziali è stato realizzato prima del 1975, cioè prima dell’entrata in vigore delle attuali normative su risparmio energetico, rischio sismico, rischio idrogeologico. - spiega Rovere -. La norma in discussione a Bruxelles va considerata come un forte stimolo alla realizzazione di case più efficienti e più sicure».
Flavia Landolfi
redattrice
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