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Economia

La seconda vita (tutta d’oro) degli smartphone

di Davide Madeddu

E-Waste Day: caccia ai vecchi telefonini per la giornata dei rifiuti elettronici

Oro, argento, rame e anche terre rare dagli smartphone dismessi. I nuovi giacimenti di materie prime nascono nei cassetti delle case, dove molto spesso vengono riposti gli strumenti elettronici a fine corsa

19 gennaio 2022
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3' di lettura

La seconda chance dei telefoni cellulari ormai spenti perché non più al passo con i tempi e le nuove tecnologie, passa per l’economia circolare. E prevede quindi il recupero e riciclo dei materiali contenuti nei diversi componenti. Proprio partendo da questo fatto i ricercatori dell’Enea, da tempo, hanno avviato una serie di iniziative e ricerche volte a recuperare materiali dagli strumenti elettronici dismessi. In quest’ottica rientra il progetto Portent, cofinanziato dalla Regione Lazio, portato avanti dal Laboratorio Enea “Tecnologie per il Riuso, il Riciclo, il Recupero e la valorizzazione di Rifiuti e Materiali”.

Crescono i rifiuti elettronici

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A sostenere la decisione di mandare avanti il progetto che punta a sviluppare “un nuovo processo per il recupero di materiali e metalli di elevato valore da telefoni cellulari a fine vita in ottica di economia circolare”, la crescita dei rifiuti derivanti da strumenti elettrici ed elettronici. «La quantità di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, soprattutto a causa di tempi di obsolescenza tecnica sempre più ridotti è in crescita – dice Danilo Fontana, ricercatore Enea e responsabile del progetto –. Questo fenomeno potrebbe generare seri problemi di gestione legati alla presenza di metalli e sostanze nocive che rappresentano un rischio reale per la salute dell’uomo e dell’ambiente».

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I dati dell’incremento

Secondo i dati forniti dall’Enea e relativi al rapporto Raee nel 2020 la crescita della raccolta di questa tipologia di rifiuti è stata del +7,68 per cento rispetto al 2019, raggiungendo 78 mila tonnellate. Nella regione Lazio, dove la quota di materiali raccolta è stata di 6 mila tonnellate, la crescita ha registrato un balzo di 2,4 mila tonnellate rispetto all’anno precedente.

Le nuove materie prime

Quanto ai materiali che si possono ricavare, il dato è eloquente. Una tonnellata di schede elettroniche da telefoni a fine vita contiene in media 276 grammi d'oro, 345 d’argento, 132 chilogrammi di rame. «Se si considerano poi altri componenti, come magneti e antenne integrate ad esempio, l’elenco si allunga con le terre rare (quali ad esempio neodimio, praseodimio e disprosio) che possono raggiungere 2,7 chilogrammi per tonnellata di smartphone».

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La tecnologia spinge il recupero

A dare una mano all’attività di recupero, ma anche di estrazione dei materiali “pregiati” contenuti all’interno delle schede e degli smartphone, c’è la tecnologia sempre più avanzata. «Grazie a quelle attuali è possibile riciclare oltre il 96 per cento di questi dispositivi elettronici, recuperando quantità significative di metalli preziosi con gradi di purezza elevati – argomenta il ricercatore –. Questo permetterebbe di evitare il depauperamento delle risorse naturali e l'approvvigionamento di alcune di queste materie prime critiche presenti prevalentemente in Paesi politicamente instabili».

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Allo studio la rivoluzione del riciclo

Lo studio messo in campo dai ricercatori dell’Enea, in sinergia con quelli dell’Università La Sapienza, punta a fornire uno strumento in più capace di modificare la tendenza italiana che in quest’ambito, si ferma «alle fasi di trattamento e di riciclo più semplici ma meno remunerative, come la triturazione e la separazione di plastiche e di metalli». Una tendenza che lascia «agli operatori esteri il vantaggio di recuperare la parte “nobile” del rifiuto, in particolare le schede elettroniche ricche di metalli come oro, argento, palladio e rame». Obiettivo dello studio e del progetto, l’attivazione di un processo innovativo che «completi la filiera».

La sfida dell'idrometallurgia

Non meno importante la cosiddetta fase del processo che prevede l’utilizzo di tecnologie idrometallurgiche che «garantiscono bassi consumi energetici (si opera a temperatura ambiente), ridotte emissioni, modularità degli impianti e flessibilità di impiego». Tutte caratteristiche che, a sentire i ricercatori, consentono un agevole processo di crescita e facile replicabilità in contesti industriali. «L’idrometallurgia – conclude il responsabile del progetto – è una tecnica particolarmente indicata nella separazione e nella purificazione selettiva degli elementi a elevato valore aggiunto anche in matrici con basse concentrazioni di metalli».


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