di Enrico Netti
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Corrono le vendite di Amarone nel mondo. Il celebre rosso passito della Valpolicella nel 2022 registra una flessione in volumi del 7,2% mentre aumenta del 4% a 360 milioni il valore del venduto franco cantina. La domanda interna è pari al 40% delle vendite con un +1,5% a volume e un +7,4% a valore. L’export registra un calo del 13% mentre il termini di ricavi c’è un +1,8%. Come primo mercato si confermano gli Stati Uniti che superano Canada e Svizzera. È quanto rivela l’indagine realizzata per il Consorzio tutela vini Valpolicella da Nomisma Wine Monitor e diffusa oggi durante l’Amarone Opera Prima a Verona, la due giorni del Consorzio vini Valpolicella per celebrare il millesimo 2018 del rosso veronese. «Il 2021 è stato un anno eccezionale sul piano delle vendite - dice Christian Marchesini, presidente del Consorzio tutela vini Valpolicella -. Il 2022 è servito per consolidare la crescita, con risultati meno eclatanti ma comunque significativi. Lo testimoniano anche gli imbottigliamenti, che registrano un incremento del 12% rispetto al periodo precovid per un’annata commerciale che è stata comunque la seconda migliore del decennio, con oltre 17 milioni di bottiglie immesse sul mercato. La denominazione si conferma in equilibrio, grazie anche a una stabilizzazione finalmente raggiunta sul fronte della superficie vitata dopo il blocco degli impianti del 2019».
La ristorazione traina le vendite
«La crescita dell’Amarone sul mercato nazionale è legata soprattutto al recupero dei consumi fuori-casa e in particolare presso la ristorazione che ha potuto beneficiare del ritorno dei turisti stranieri, aumentati nei primi dieci mesi del 2022 di oltre il 90% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente» sottolinea Denis Pantini, responsabile Wine Monitor di Nomisma. Il rosso passito secco a DOCG realizza più della metà del fatturato dal canale Ho.Re.Ca. anche grazie la ripresa del turismo internazionale nel 2022. Nei primi nove mesi del 2022 i ricavi legati alla ristorazione vedono una crescita tendenziale del 47%, a tutto vantaggio degli ordini di vino. Secondo l’indagine sul posizionamento dei vini della Valpolicella presso il consumatore italiano, di Wine Monitor, inquadra tutta la centralità del canale horeca tra gli enoappassionati, con il 54% degli italiani che negli ultimi 2, 3 anni ha consumato i prodotti della denominazione veronese, e il 43% lo ha fatto anche nei ristoranti. È invece del 29% la quota di italiani, in prevalenza maschi, millennial, dirigenti o imprenditori, che ha bevuto Amarone fuori casa con una spesa media dichiarata di circa 40 euro, un prezzo che per 7 su 10 è ritenuto corretto. Un rapporto, quello tra clienti e marone, considerato privilegiato nel 51% dei casi e da consumarsi in particolare nelle occasioni speciali o formali (28%). «Il sistema Valpolicella, Amarone in primis, non può prescindere dalla ristorazione, che era e rimane il canale privilegiato dei nostri vini - continua Marchesini -. Per questo, dopo anni di forti limitazioni siamo contenti di essere tornati a lavorare a pieno regime con chi ha contribuito in maniera determinante alla crescita del nostro territorio». Per il 2023 prevale la voglia di sperimentare aziende meno note, con i fattori di scelta legati anche ai prodotti biologici e sostenibili, oltre al brand aziendale.
La candidatura Unesco
Il Consorzio Valpolicella ha inoltre terminato il dossier per la presentazione della candidatura della tecnica della messa a riposo delle uve della Valpolicella a patrimonio immateriale dell’Unesco. Nella decina di pagine del dossier stilate dal comitato scientifico ci sono i documenti per l’iscrizione di una pratica di vinificazione negli elenchi tutelati dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura. Tra i punti di forza, individuati anche l’estensione territoriale dell’appassimento praticato da 8mila persone nei 19 comuni della denominazione. Il documento verrà trasmesso al ministero della Cultura, a quello dell’Agricoltura e alla Commissione nazionale per l’Unesco, l’organismo interministeriale coordinato dal ministero degli Esteri cui spetta il compito di scegliere, entro il 30 marzo, l’unica candidatura italiana da inviare a Parigi per la valutazione. Dopo le Colline del Prosecco, Luca Zaia, presidente del Veneto, punta alla candidatura a patrimonio immateriale Unesco la tecnica della messa a riposo delle uve della Valpolicella. «Ci sono 2.700 aziende agricole, stiamo parlando della tradizione - ricorda Zaia -. Ho voluto con forza che il metodo dell’appassimento dell’Amarone diventi patrimonio dell’Umanità. E per questo stiamo lavorando e stiamo sostenendo il Consorzio certi di arrivare all’obiettivo. Ora si sta dialogando, ma i presupposti ci sono tutti: la tipicità, la storicità, la tradizione e anche per questo ruolo iconico dell’Amarone. C’è un altro grande dossier che so sostenendo che è quello della pesciara di Bolca che, ovviamente, ritengo vedrà la luce». L’atlante dei vini Valpolicella annovera oltre 2.400 aziende tra viticoltori, vinificatori e imbottigliatori su un territorio di produzione che si estende in 19 comuni della provincia di Verona, dalla Valpolicella fino alla città scaligera che detiene il primato del vigneto urbano più grande dello Stivale, 8.600 ettari di vigneto e un giro d’affari di oltre 600 milioni di euro, di cui più della metà riferiti alle performance dell’Amarone. Questa l’istantanea del Consorzio per la tutela dei vini Valpolicella che, con oltre l’80% di rappresentatività, tutela e promuove la denominazione in Italia e nel mondo.
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