di Guido Furbesco
Refik Anadol Machine Hallucinations - Renaissance Dreams (2022) Installazione nel cortile di Palazzo Strozzi. AI Data Sculpture, Video loop. Courtesy RAS - Refik Anadol Studio
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Nel giorno in cui – il 18 maggio – Palazzo Strozzi ha aperto al pubblico a Firenze la mostra Let's Get Digital!, sulle pagine del New York Times si poteva leggere un'intervista rilasciata dall'art advisor Lisa Schiff in cui la rivoluzione NFT veniva demolita senza possibilità di appello. «Sono terrorizzata», mette a verbale la consulente dal suo studio di TriBeCa: «Questa non è arte, bensì un mercato basato sul nulla, alieno da qualsiasi valutazione critica ed estetica, dove a fare la differenza è soltanto il prezzo che gli acquirenti sono disposti a pagare. Certo», continuava Schiff, «anche io compro e vendo NFT, ma non perché li consideri pezzi d'arte: sto solo scommettendo e giocando d'azzardo». Ora: al di là della posizione non proprio lineare dell'art advisor newyorkese, parole simili ci aiutano a capire come, intorno alla frontiera creativa «crypto», continuino a imperversare confusione e pregiudizi – pure un po' sprezzanti, diciamo. Tutto è avvenuto nello svolgersi di poco, pochissimo tempo. Lo scorso anno, gli spiriti famelici della speculazione si sono avventati sui frutti certificati dell'arte digitale proiettandoli in un vortice finanziario internazionale da capogiro. Adesso, da qualche settimana, da più parti (Wall Street Journal, Morgan Stanley…) risuona l'allarme: le quotazioni flettono, l'interesse tramonta, la bolla sta scoppiando. Musica per le orecchie dei detrattori, affezionati alla tesi che sia tutto un bluff; un giudizio, oltre che affrettato, privo di fondamento. Lo «scoppio» della bolla, peraltro, non è di per sé un fatto negativo, specie in una prospettiva più ampia. Certo, chi ci ha investito corre il rischio di bruciarsi parecchio, ma la svolta può ora sedimentare. In altre parole, sta arrivando il momento in cui potremo soffermarci sui contenuti più squisitamente estetici, culturali e ideologici del cambiamento in corso, afferrandone finalmente il senso profondo.
Beeple (Mike Winkelmann) ALIVE #2/3, 2021. Video files (NFT). Collection Jehan Chu Courtesy the artist
È, questa, la direzione in cui si muove Let's Get Digital! – a cui si accennava in partenza –, breve compendio di installazioni ed esperienze multimediali raccolte per introdurre il pubblico più ampio ai nuovi mondi virtuali: «È la prima mostra dedicata alla rivoluzione NFT da una grande istituzione italiana», dice con orgoglio Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi, luogo in cui, in queste settimane, sono anche esposti i capolavori di Donatello, in una sorta di cortocircuito tra “vecchio” e ultra-contemporaneo Rinascimento. È un'istantanea che incuriosisce e che racconta di un mondo in ebollizione, dotato di visibilità e di margini di manovra – anche economici – impensabili fino a pochi anni fa. Lo spiega bene Serena Tabacchi, direttrice del MoCDA (Museo d'arte digitale contemporanea nato a Londra nel 2019), che ha affiancato Galansino nella progettazione curatoriale dell'esposizione (aperta fino al 31 luglio). Tabacchi illumina i tratti di una vasta comunità di talenti, interconnessi tra loro, dediti alla creazione di opere elettroniche che la tecnologia ha reso uniche, autentiche e dotate di uno status e di un valore specifici alla stessa stregua dei manufatti fisici. «La decentralizzazione, la Blockchain e gli NFT hanno certificato e diffuso il lavoro di tanti artisti che fino a pochi anni fa non potevano essere considerati tali, e che dal basso, accomunati dalla voglia di esprimersi con i mezzi a loro più congeniali, sono entrati in breve tempo a far parte dell'ecosistema della cultura contemporanea».
Anyma (Matteo Millari e Alessio De Vecchi), Angel 1, 2022. Computer Generated Images (NFT). Courtesy the artists and private collections
La curatrice impiega inevitabilmente un nuovo lessico, tecnico, per molti ancora oscuro, e non è un caso che i pannelli che fungono da glossario all'inizio del percorso espositivo vengano fotografati dai visitatori con cura, per intero, in vista – si suppone – di più meditati approfondimenti successivi. Qui, intanto, gli stessi visitatori possono farsi tranquillamente rapire dalle spire di Machine Hallucinations - Renaissance Dreams, monolitica installazione site specific di Refik Anadol, uno schermo di 6 metri per 9 agitato da masse informi e cangianti di materia colorata, in perpetuo movimento, a stento trattenuta dal perimetro dell'opera. Il fluire ipnotico è generato da un'intelligenza artificiale che ha rielaborato le caratteristiche di migliaia di dipinti realizzati tra il XIV e il XVII secolo, in omaggio alla tradizione artistica del luogo e della città in cui ci troviamo. In totale, i progetti esposti sono sei. C'è anche la superstar Beeple, l'artista americano “battuto” lo scorso anno dalla casa d'asta Christie's per quasi 70 milioni di dollari, e che ha da pochissimo affiancato la cantante Madonna nel suo debutto in ambiente NFT. Si prosegue con la proposta del duo italiano Anyma, con la Mars House concepita da Krista Kim (ambiente di disegn “spaziale“ da declinare sia nel mondo reale sia nel Metaverso – altro totem lessicale…), con la scultura digitale di un altro pezzo da novanta come Daniel Arsham e con il cortometraggio Arcadia, concepito da Andrés Reisinger in collaborazione con la poetessa inglese Arch Hades e il musicista RAC. Di fronte alla riflessione sugli intrecci tra tempo, eternità ed erosione di Arsham, o contemplando lo squisito lirismo di Arcadia, chiedersi ancora se questa sia o meno arte diventa rapidamente superfluo.
Krista Kim, Mars House, 2020. 3D files (NFT). Music: Jeff Schroeder Courtesy Krista Kim Studio Collection AOI Vault
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