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Dalla parte dei sommersi

di Gino Ruozzi

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30 giugno 2018
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3' di lettura

Il nuovo romanzo di Marco Balzano si distingue per tenuta morale e impegno civile. Innanzi tutto per avere ricostruito e reinventato con rigore documentario e tensione poetica un doloroso episodio storico: la scomparsa dei paesi di Curon e Resia in Alto Adige a causa dell'edificazione di una diga che nel 1950 li sommerse e diede luogo al lago artificiale di Resia, ora nel comune di Curon Venosta, a due passi dall'Austria e dalla Svizzera. Oggi quel posto è uno dei più visitati e fotografati della regione alpina per l'affascinante campanile che svetta solitario nel lago, creando un'immagine assai suggestiva. Sotto quelle acque c'è però una storia di vita e di morte, perché la diga ha fatto scomparire gli antichi e originari borghi.

«Non so trovare nulla che dimostri più chiaramente la violenza della storia» afferma Balzano nella Notaconclusiva. Il problema è critico perché riguarda una quantità di interventi che in nome del progresso hanno forzato e violato numerose persone e comunità, basti pensare alla costruzione dell'Autostrada del Sole e alla linea ferroviaria dell'Alta Velocità. Grandi opere che riteniamo necessarie e oggi ci sembrano parte quasi indispensabile dello stesso paesaggio; ma non è così, sono irruzioni della storia e della sua evoluzione, spesso drammatica.

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Con Resto qui Balzano ci invita a riflettere sul rapporto tra passato e presente, tra le ragioni di una comunità e quelle di uno stato nazionale, tra il progresso industriale e la salvaguardia di un territorio. Per alcuni aspetti il romanzo di Balzano mi ricorda La vita agra di Luciano Bianciardi, con il suo impeto di indignazione nei confronti del simbolico «torracchione» industriale di Milano e il bisogno di rispondere con solidarietà e umanità alla legge brutale del profitto (che poi spesso non è neanche così economicamente vantaggiosa ed è soprattutto arroganza del potere). A questo tema cruciale si unisce la travagliata storia delle popolazioni del Sud Tirolo / Alto Adige. Anche in quest'ottica adesso molte cose sembrano risolte nella prospettiva positiva del turismo e di una assodata e fruttuosa convivenza.

Tuttavia proprio qui, come in altre terre di confine (si pensi al Friuli Venezia Giulia), le cose portano con sé pure decenni di incomprensioni e sopraffazioni, a cominciare dall'espressione e dalla libertà linguistica. La protagonista e narratrice del romanzo di Balzano si chiama Trina ed è una maestra di lingua tedesca che insegna l'italiano. Siamo negli anni del fascismo, quando lo Stato impone la lingua italiana come segno del proprio assolutismo. Non c'è rispetto per le autonomie linguistiche e culturali, come d'altronde avviene in tutta la nazione schiacciata dalla dittatura. A Curon tuttavia la posta in gioco è anche quella di annientare un'identità antropologica.

Da una parte quindi la violenza del fascismo e dall'altra quella dell'industria, profondamente complici, che non tengono conto della realtà di queste terre; e insieme l'ingresso del nazismo e dell'illusione hitleriana, che si manifesta con ferocia e nel paradosso di una lingua madre che viene sacrificata sull'altare dei dispotismi. Gli abitanti di Curon sono colpiti da fuochi incrociati ai quali non è possibile sottrarsi né sopravvivere, fin dentro il tragico scoppio della Seconda guerra mondiale. Ci sono episodi di eroismo personale e collettivo, di persone che tentano di dare voce a una comunità che spesso tende a sottomettersi senza reagire alla volontà dei più forti. Spiccano Erich, il marito di Trina, e il sacerdote padre Alfred, che fanno giungere la protesta contro la costruzione della diga fino al papa, ma invano.

Accanto a questi coraggiosi c'è però anche la vasta area della cosiddetta «zona grigia», che non prende posizione e si lascia trascinare dalla corrente. Questo a volte è il dolore maggiore: la sofferenza provocata da quelli che dovrebbero essere dalla tua parte. A iniziare dai famigliari; qui, nel caso personale di Trina e di Erich, la ferita inguaribile nasce dalla figlia Marica scappata di casa ragazza e mai più tornata. A lei così tanto amata e rimpianta Trina rivolge idealmente il proprio racconto della storia “sommersa” di Curon, scritto da chi ha deciso di «restare» e di «non fuggire» per continuare a difendere con orgoglio le proprie ragioni di vita e la memoria. Perché non si può vivere «come se la storia non fosse esistita».

Marco Balzano
Resto qui
Einaudi, Torino, pagg. 184, € 18

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