di Ivan Cimmarusti
3' di lettura
A pochi passi da Campo de’ fiori, a Roma, è possibile comprare criptovalute, prelevare e versare denaro contante senza limiti e, soprattutto, senza dover giustificare nulla all’Amministrazione finanziaria. La stessa cosa si può fare non lontano da Porta Venezia, a Milano, ma anche a Bologna, Brescia, Palermo, Napoli, Reggio Calabria e in altre 24 città sparse da Nord a Sud. È un buco alla normativa antiriclaggio (Dlgs 231/2007) che consente agli Atm indipendenti, sportelli mobili di servizio al contante particolarmente presenti in alcune aree del Paese, di prestare servizi finanziari in modo non proprio trasparente. Sono gestiti da società estere slegate dal circuito bancario, non sono soggette a monitoraggio e non sono tenute ad alcuna forma di disclosure con la Banca d’Italia. A ciò si aggiunga che in diversi casi questi operatori sono registrati in Paesi offshore o in Stati Ue che hanno Financial intelligence unit (Fiu) con poteri di accertamento limitati o, comunque, non proprio equiparabili a quelli più incisivi che ha l’Unità di informazione finanziaria (Uif), l’organismo antiriclaggio di Bankitalia.
Gli analisti hanno già da tempo avviato ispezioni per approfondire l’operatività di questi sportelli automatici gestiti da operatori non bancari, riscontrandone una sempre più diffusa presenza sul territorio nazionale. Certo allo stato non sono ancora tantissimi, ma si stima che nei prossimi anni continueranno ad aumentare. Per favorirne il tracciamento, infatti, la Uif ha instaurato una collaborazione con l’agenzia delle Dogane per individuare, attraverso i dati sulle importazioni di queste apparecchiature Atm, gli sportelli automatici localizzati sul territorio nazionale e gestiti da questi operatori non sottoposti alla vigilanza antiriciclaggio.
Attualmente ce ne sono un’ottantina, pochi se paragonati ai 262 della Spagna ma comunque abbastanza se confrontati con i 96 presenti in Germania, i 43 dell’Irlanda, i 23 del Regno Unito e i sette della Francia. Il punto, però, non è la quantità di queste “macchinette” ma loro operatività, che ben si presta – come confermano anche fonti della Direzione nazionale antimafia – a riciclare denaro provento delle medie evasioni fiscali, del traffico di droga o delle estorsioni, piuttosto che di più ampie operazioni di «lavaggio» dei capitali illeciti, per le quali la fattura falsa resta lo strumento privilegiato.
A Milano, per esempio, se ne contano 13, mentre 12 sono a Roma, otto a Bologna e cinque a Brescia. In Sicilia ce ne sono tre a Catania, due a Palermo e una Siracusa; in Campania quattro a Napoli e una Caserta. Per il resto quasi ogni regione italiana ha almeno un Atm indipendente. I problemi di queste “macchinette” sono diversi. Nei report si sottolinea che «l’assenza di limiti agli importi complessivi prelevabili anche mediante operazioni successive, il collocamento delle “macchinette” presso operatori non finanziari» e «la possibilità di offrire congiuntamente servizi di versamento e di prelevamento» consentono «forme di riciclaggio».
Le ipotesi trovano conferma nelle indagini giudiziarie. Si è scoperto che attraverso questo circuito di Atm indipendenti sono stati riciclati in Africa rilevanti proventi generati da reati come frodi informatiche, contrabbando, sfruttamento della prostituzione, del traffico di armi, della droga e degli esseri umani. Una rete di prestanome legata a organizzazioni criminali alimentava con questo denaro carte prepagate attraverso gli Atm. La «provvista» infine risultava prelevata in Paesi dell’Africa occidentale, principalmente gli Stati che si affacciano nel Golfo di Guinea - Benin, Togo, Costa d’Avorio, Ghana, Nigeria – e il Burkina Faso.
La Uif puntualizza che il problema di fondo è che i gestori di questi Atm indipendenti «non sono sottoposti agli obblighi Aml/Cft (antiriciclaggio e contrasto del finanziamento al terrorismo, ndr) né a forme di disclosure alle autorità competenti». Un’attività che si svolge «in assenza di qualsiasi monitoraggio».
Per questo ha più volte auspicato (si veda l’intervista di fianco) in una «interpretazione evolutiva delle attuali previsioni del Dlgs 231/2007 secondo cui l’operatività in altro Paese comunitario con una estesa rete di sportelli Atm va considerata come una forma di “stabilimento senza succursale”, con la conseguente applicazione degli obblighi nazionali agli intermediari europei che prestano tale attività in Italia in libera prestazione di servizi». Ciò sarebbe coerente con quanto già previsto dall’Autorità bancaria europea.
Ivan Cimmarusti
redattore
P.I. 00777910159 Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie Privacy policy