Assange, la Corte Gb ribalta il verdetto contro l'estradizione Usa: proteste all'esterno
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L’Alta Corte di Londra ha ribaltato la sentenza di primo grado emessa lo scorso gennaio che negava l’estradizione di Julian Assange dalla Gran Bretagna agli Usa. È stato così accolto il ricorso del team legale americano che si opponeva al no alla consegna dell’ex primula rossa sulla base di un asserito pericolo di suicidio legato - secondo una perizia - al prevedibile trattamento giudiziario e carcerario. È quindi previsto che il caso venga rinviato al tribunale di grado inferiore per essere ascoltato nuovamente.
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I giudici hanno accettato le assicurazioni date dagli Stati Uniti: Assange, se estradato, non dovrà affrontare l’isolamento o una prigione di massima sicurezza. Hanno anche detto che, se condannato, può scontare la pena in Australia.
Assange, 50 anni, è a Londra dal 2012, detenuto nella prigione di Belmarsh. Su di lui pendeva anche una richiesta di estradizione della Svezia, poi archiviata. Il governo degli Stati Uniti nel 2019 lo ha accusato di spionaggio per il suo ruolo nel rilasciare centinaia di migliaia di pagine di documenti riservati tramite WikiLeaks, con l’aiuto dell’analista dell’intelligence dell’esercito americano Chelsea Manning.
La sentenza della corte d’appello emessa oggi potrebbe comunque essere impugnata, e con ogni probabilità finirà alla fine in carico alla Corte Suprema inglese. La fidanzata di Assange, Stella Moris, ha infatti già affermato che il team legale che sta seguendo l’attivista si appellerà «il più presto possibile», sottolineando su Twitter anche che la sentenza, sia, a suo parere, «un grave errore giudiziario».
In dettaglio il giudice capo della Alta Corte britannica, Lord Burnett, ha così motivato la sentenza: il rischio che Julian Assange sia sottoposto a troppo rigide condizioni di detenzione «è stato escluso dalle assicurazioni che sono state offerte» dagli Stati Uniti. Washington ha dato assicurazioni che Assange non verrebbe sottoposto a particolari restrizioni nelle carceri di massima sicurezza né prima né dopo il processo, a meno che non si rendano necessarie. «Siamo soddisfatti da queste assicurazioni», argomentano i giudici dell’Alta Corte, affermando anche che se queste fossero state presentate alla giudice distrettuale che a gennaio ha negato l’estradizione «avrebbe risposto in modo diverso alla questione». «Questa conclusione è sufficiente a determinare che questo appello è in favore degli Stati Uniti», conclude poi la sentenza di Lord Burnett.
Incriminato con 18 capi di imputazione, 17 dei quali che si rifanno all’Espionage Act, Assange rischia una condanna a 175 anni. Ma anche su questo fronte gli avvocati statunitensi hanno fornito rassicurazioni, affermando che la condanna per aver pubblicato le migliaia di documenti top secret sulle guerra in Afghanistan ed Iraq potrebbe essere tra i 4 e i 6 anni.
«Il presidente è un sostenitore della libertà di parola e della stampa». Così la portavoce della Casa Bianca, Jennifer Psaki, si è limitata a rispondere a chi gli chiedeva se Joe Biden fosse disposto a concedere la grazia al fondatore di Wikileaks Julian Assange, che potrebbe presto essere estradato negli Usa dove rischia una pena pesantissima con l’accusa di spionaggio
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