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Inflazione: pere, pasta e pesce al top del caro prezzi nell’alimentare

di Emiliano Sgambato

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Secondo Coldiretti, «un mix esplosivo tra clima ed energia si abbatte dai campi alle tavole»

21 gennaio 2022
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3' di lettura

Il prezzo delle pere è aumentato in un anno del 30%, quello della pasta e del pesce rispettivamente del 10,8 e del 9,8%. Sono i prodotti alimentari che hanno risentito di più del caro prezzi tra dicembre 2020 e dicembre 2021 secondo l’analisi di Coldiretti sulla base dei dati Istat.

«La classifica è il risultato – sottolinea la Coldiretti - dal mix esplosivo del rincaro dei costi energetici e dei cambiamenti climatici che impattano sull' offerta di un bene essenziale come il cibo sul quale con la pandemia da Covid si è aperto uno scenario di accaparramenti, speculazioni e incertezza che deve spingere il Paese a difendere la propria sovranità alimentare».

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La produzione agricola e quella alimentare in Italia, secondo l’associazione, assorbono oltre il 11% dei consumi energetici industriali totali per circa 13,3 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti (Mtep) all'anno.

La produzione di pere nel 2021 si è attestata a 276 milioni di chili contro i 770 milioni di chili di cinque anni fa, con una riduzione del 64%. Il crollo del raccolto al minimo storico è avvenuto per effetto dell'andamento climatico sfavorevole come le gelate primaverili che hanno messo a dura prova le coltivazioni e per gli attacchi di agenti patogeni e parassiti alieni, come la cimice asiatica.

Gli andamenti climatici anomali hanno tagliato i raccolti con crolli che vanno dal 25% per il riso al 10 % per il grano, dal 15% per la frutta al 9% per il vino «provocando peraltro danni per oltre 2 miliardi di euro nel 2021 tra perdite della produzione agricola nazionale e danni alle strutture e alle infrastrutture nelle campagne».

Per le semine di grano per pasta e pane gli agricoltori – continua Coldiretti – sono stati costretti ad affrontare aumenti dei prezzi fino al 50% per il gasolio necessario per le lavorazioni dei terreni, senza dimenticare che l'impennata del costo del gas, utilizzato nel processo di produzione dei fertilizzanti, ha fatto schizzare verso l'alto i prezzi dei concimi, con l'urea passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata (+143%).

E i rincari non sono destinati a fermarsi qui, da il perdurare degli aumenti di costi energetici e materie prime. Per la pasta ad esempio già si prevedono aumenti fino al 38%.

L'aumento dei costi – continua la Coldiretti – riguarda anche l'alimentazione del bestiame, il riscaldamento delle serre per ortaggi e fiori «che molti sono stati costretti a spegnere mettendo a rischio il futuro di alcune delle produzioni più tipiche del florovivaismo nazionale come tra gli altri il ciclamino, il lilium o il ranuncolo». Più alti i prezzi poi anche per gli imballaggi e la logistica. Mentre per i pescatori il problema è soprattutto il caro-gasolio.

«Per affrontare la nuova emergenza e difendere la sovranità alimentare abbiamo elaborato e proposto progetti concreti immediatamente cantierabili nel Pnrr per favorire una decisa svolta verso la rivoluzione verde, la transizione ecologica e il digital», afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel ricordare che «digitalizzazione delle aree rurali, recupero terreni abbandonati, foreste urbane per mitigare l'inquinamento in città, invasi nelle aree interne per risparmiare l'acqua, chimica verde e bioenergie per contrastare i cambiamenti climatici ed interventi specifici nei settori deficitari dai cereali all'allevamento, dalla quarta gamma fino all'olio di oliva sono alcuni esempi di questi piani strategici elaborati dalla Coldiretti insieme a Filiera Italia nell'ambito del Pnrr».


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